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Leopolda, oggi si chiude: Renzi bandisce le alleanze, ma i nodi restano

Il segretario del Pd Matteo Renzi sul palco della Leopolda

FIRENZE. Dalla Leopolda Matteo Renzi bandisce il tormentone delle alleanze, preferendo mixare nei tavoli e sul palco la rivendicazione di quanto fatto con le molte testimonianze di protagonisti di storie di riscatto. La manifestazione si chiuderà oggi.

Non una novità per la kermesse renziana che non ha mai amato il politichese ma certo è anomalo che, a pochi mesi dalle elezioni, alla stazione fiorentina siano scomparsi alleati e nodi delle alleanze.

Chi invece prova, non senza fatica, a decidere il suo percorso è Giuliano Pisapia che è caduto in quello che i suoi chiamano un equivoco: ad un convegno dei cattolici democratici sembra aprire ad Angelino Alfano ma in realtà, corregge poi, apriva al «centro ma non al centrodestra», per lui rappresentato da Ap su cui, giura, resta il veto.

Il leader dem si è imposto e ha chiesto ai suoi di tenere fuori dalla Leopolda l’immagine di un Pd tutto concentrato ad allargare le alleanze o a discutere su collegi e candidature. Dei quasi 90 tavoli non uno si è addentrato sul futuro del centrosinistra. L’unico che, dal palco, fa un cenno alla direzione da prendere è Marco Minniti che ritiene «importante uno sforzo unitario» del centrosinistra ma soprattutto che per dare forza a questo impegno «serva un Pd unito».

Resta quindi lontano dalla Leopolda l’uomo della trattativa, Piero Fassino che ieri invece si è presentato a Roma all’iniziativa di Tabacci e Franco Monaco alla quale c'era anche l’ex sindaco di Milano. «Noi vogliamo costruire un campo aperto, largo e progressista», dice Pisapia rispondendo ai giornalisti ad una domanda sull'avvicinamento di Ap, o almeno di Alfano e Lorenzin, al Pd.

La posizione viene interpretata come il fatto che Cp faccia cadere il paletto del niet ad Alfano in nome di un’intesa con il Pd. Quando il leader di Cp capisce di essere stato equivocato, prende la parola dal palco per chiarire: «Un mio sì ad Alfano è una notizia infondata, una bufala, io sono coerente», dice mentre i suoi si attivano per chiarire che Pisapia apriva ai cattolici democratici promotori del convegno romano e non al ministro degli Esteri.

In realtà, i dirigenti alla Leopolda non si erano fatti grandi illusioni sulla svolta di Pisapia. A non demordere è Fassino che rispolvera il modello Ulivo: «Ci vuole un centrosinistra largo e plurale, che vive su una pluralità di culture, che si riconoscono reciprocamente», è la speranza dell’ex sindaco di Torino. Per convincere Pisapia si lavorerà per approvare il biotestamento - senza il voto di fiducia, si chiarisce dai renziani, ma facendo cadere l’ostruzionismo - e per cercare quante più risorse per eliminare il superticket nel passaggio della manovra alla Camera.

Chiuso del tutto il confronto con Mdp: «Ci hanno detto no in un incontro ufficiale e noi rispettiamo», chiarisce Matteo Richetti escludendo rilanci nel discorso di Matteo Renzi che oggi chiuderà la Leolpolda.
Lontano da Firenze ma sempre convinto della necessità di fare ogni sforzo per allargare il centrosinistra è il premier Paolo Gentiloni, impegnato nella missione in Africa: «Le coalizioni possono essere faticose ma molto meglio averle che non averle, comunque funzionino. ..».

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