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Cocaina e festini in libertà vigilata, le telefonate e gli incontri notturni che incastrano Salvuccio Riina

PADOVA. Contatti e incontri notturni con spacciatori per l'acquisto di cocaina, riunioni per festini da sballo, uscite durante le ore notturne. Tutto questo mentre è in regime di libertà vigilata. Il dossier della Squadra mobile di Venezia e del servizio anti-crimine "incastra" Giuseppe Salvatore Riina, che da tempo vive nella città veneta in regime di libertà vigilata. Il tribunale di sorveglianza di Padova dovrà decidere sulla richiesta della procura di una restrizione  della misura cautelare o il trasferimento in una 'casa di lavoro' per il figlio di Totò Riina, il capo di cosa nostra morto una settimana fa.

Nel dossier della Squadra mobile ci sono una trentina di contatti con spacciatori per acquistare la droga, ma anche diversi incontri e uscite notturne nonostante la libertà vigilata. La polizia parla di "un elevato disvalore sociale" e di un "disinteresse nei confronti delle prescrizioni impostegli". Motivi sufficienti per indurre la Procura a chiedere al tribunale di sorveglianza un inasprimento della misura cautelare a suo carico.

La richiesta della procura è legata a una serie di accertamenti compiuti nei mesi scorsi dalla polizia, dai quali emergerebbe che Riina, in famiglia chiamato "Salvuccio", avrebbe avuto incontri e fatto affari con alcuni spacciatori di droga già noti alle forze dell'ordine - uno tunisino è stato arrestato a settembre -, venendo meno all'obbligo imposto dai giudici di non frequentare pregiudicati, e che sarebbe stato sorpreso a girare di notte, mentre dalle 22 alle 6 avrebbe dovuto restare in casa.

Riina jr vive a Padova da diversi anni, dopo aver scontato otto anni di carcere.  Lavora in una cooperativa sociale, la "Diogene", e abita in un appartamento dell’associazione "Noi famiglie contro l’emarginazione", dove è ristretto appunto al regime di libertà vigilata. I poliziotti arrivano a lui indagando su una banda dedita a spaccio e traffico di banconote false. Proprio uno dei membri della banda, il tunisino Tarek Labidi (ora arrestato), la notte del 13 settembre - scrive il Corriere della sera - viene visto sotto casa di Salvuccio.

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