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Poco iodio nella dieta, arriva la soia biofortificata

L'Italia è uno dei paesi europei dove è presente una moderata carenza di iodio, elemento nutrizionale che, se non assunto nelle corrette quantità giornaliere, può avere ripercussioni sulla salute delle persone e degli animali.
    Il dato è emerso oggi a Pisa, durante il primo convegno internazionale della World Iodine Association, promosso in collaborazione con la Scuola Superiore Sant'Anna e il PlantLab dell'istituto di Scienze della Vita dello stesso ateneo.
    Una delle soluzioni è la biofortificazione dei prodotti alimentari e dei prodotti agricoli che rappresenta un nuovo modo per raggiungere in maniera efficace tutta la popolazione. "Con questo termine - spiega Attilio Caligiani, direttore generale della World Iodine Association - si fa riferimento alla possibilità di aumentare la concentrazione di un certo micronutriente, come lo iodio, all'interno di frutta e verdura".
    Un primo esempio di alimento biofortificato arriva dall'Italia e in particolare dagli studi sulla soia del gruppo di Pierdomenico Perata, rettore della Sant'Anna di Pisa e coordinatore del PlantLab. La ricerca ha dimostrato che la soia è un'ottima accumulatrice di iodio. Una sola applicazione fogliare di Iodato di potassio (KIO3), somministrato a bassissime concentrazioni (10 ml di KIO3 10 µM/pianta) durante la fase vegetativa è stata sufficiente per raddoppiare il contenuto di iodio nei semi di soia senza alterare i parametri produttivi. "La soia biofortificata con lo iodio - spiega Perata - offre una soluzione per raggiungere il corretto approvvigionamento di questo elemento essenziale nella dieta animale, arricchendone quindi anche i derivati come latte e formaggi, e in quella umana". Ora è però necessario realizzare linee guida internazionali per fornire indicazioni precise per la standardizzazione dei processi di biofortificazione delle specie di maggior interesse.
   

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