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Debacle azzurra: il siciliano Trantino unico a dimettersi in Figc

PALERMO. «In fondo, se tutti imparassimo a rinunciare a ciò che piace pur di dare il buon esempio, forse qualcosa potrebbe migliorare»: con queste parole, al termine di giorni di processi e caccia alle streghe (come l’ha definita Giorgio Chiellini), l’unico a essersi dimesso dalla Federazione italiana gioco calcio è un siciliano, Enrico Trantino.

Va detto che questo atipico catanese, figlio dell’ex senatore Enzo, ha lasciato un incarico da lui stesso definito modestissimo e per il quale sono previste decine di analoghe figure tuttora in carica. Ma il gesto è simbolico ed è fatto, come lui stesso sottolinea, per «lanciare un sasso nello stagno». Insomma, se non si dimette nessuno dei vertici almeno chi sta sotto ha il coraggio di fare un passo indietro al posto di altri.

Trantino ha scritto una lettera al procuratore federale Giuseppe Pecoraro (clicca qui per leggerla) per annunciare la sua decisione di lasciare la federazione chiamando in causa direttamente il presidente Tavecchio e i suoi più stretti collaboratori che hanno deciso di restare in sella malgrado il flop di lunedì sera: «Come faccio a spiegare ai miei figli la cultura dei meriti se chi sbaglia, invece di chiedere scusa e defilarsi, pretende conferme di poteri?» si è chiesto pubblicamente Trantino?

«La risposta allora diventa obbligata - prosegue la lettera scritta da Trantino -. Se costoro non sbagliano e mantengono, con il tacito placet di chi dovrebbe indurli a più fieri consigli, il ruolo di comando che occupavano al momento del naufragio, evidentemente sbaglio io. E non posso permettere che il signor Tavecchio e la Federazione annoverino nei propri ranghi un collaboratore che possa procurare loro imbarazzo con la sua anacronistica visione».

Da qui la decisione di lasciare l’incarico in Federazione: «Le sorti del mondo dipendono, più che da chi governa, da chi glielo consente senza mai esercitare un dissenso costruttivo - ha proseguito Trantino -. Non volendo essere annoverato tra questi mi resta una sola alternativa. Rassegnarle le mie irrevocabili dimissioni, ringraziando la Procura per questi lunghi e costruttivi anni, in cui spero di avere apportato un modesto contributo. In fondo, se tutti imparassimo a rinunciare a ciò che piace pur di dare il buon esempio, forse qualcosa potrebbe migliorare».

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