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Naufragio dei bambini al largo di Lampedusa, no all'archiviazione

ROMA. C'è un «buco» di 30/40 minuti nel decidere di intervenire, che potrebbe essere stato determinante per il naufragio di un’imbarcazione di siriani avvenuto l’11 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, in acque maltesi, nel quale morirono circa 300 persone, tra cui una sessantina di bambini. Ne è convinto il gip di Roma Giovanni Giorgianni che, decidendo sull'opposizione alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta fatta dalla procura, ha disposto che il pm formuli l’imputazione coatta per due alti ufficiali di Marina e Guardia Costiera: si tratta di Luca Lucciardi, ufficiale della Marina che coordinava la nave Libra, e Leopoldo Manna, responsabile della centrale operativa della Guardia Costiera.

Secondo il gip devono rispondere di rifiuto di atti d’ufficio e di omicidio colposo per aver «colpevolmente ritardato», è detto nel provvedimento di 27 pagine, l’intervento di soccorso della nave militare italiana.

In base a quanto ricostruito dal gip, le autorità maltesi, che in un primo momento si erano assunte l’onere dei soccorsi, avrebbero segnalato agli omologhi italiani, alle 16.22 di quel drammatico giorno, la necessità che fosse la nave militare Libra ad intervenire in quanto più vicina al luogo in cui si trovavano i migranti siriani.

Una «extrema ratio», per il giudice, che cambiava «il panorama normativo» del caso ed imponeva l'immediato intervento dell’unità della Marina.

Quel ritardo mette ora nei guai i due ufficiali, ma il gip non si è limitato a quelle due posizioni: al pm ha dato sei mesi di tempo per approfondire la posizione di un’altra indagata, Catia Pellegrino, comandante della Libra, tenente di vascello premiata dal Capo dello Stato Sergio Mattarella per come ha coordinato numerose operazioni di salvataggio. Il pilota di un aereo maltese che sorvolò il luogo in cui si trovava l'imbarcazione dei siriani, ha dichiarato che chiamò più volte la nave Libra, senza ricevere risposte, per segnalare la gravità della situazione. La Pellegrino sostiene di non aver ricevuto chiamate e da qui la necessità di ricostruire quei passaggi.

Estranei a qualsiasi responsabilità, invece, sono stati ritenuti Filippo Maria Foffi, ex capo della Squadra navale della Marina, l’ufficiale Nicola Giannotta, nonché Clarissa Torturro e Antonio Miniero, della Guardia Costiera: per loro il gip ha disposto l’archiviazione, come richiesto dalla procura.

Ad opporsi all’archiviazione dell’inchiesta, frutto di due distinte indagini poi riunite delle procure di Roma e Agrigento, era stato il medico siriano Mohamad Jammo, superstite del naufragio nel quale morirono due suoi figli. Le due procure avevano proceduto per omicidio colposo ed omissione di soccorso (nella Capitale) ed omicidio con dolo eventuale (nel capoluogo siciliano). «In quel naufragio i nostri clienti videro annegare i loro figli. Oggi viene restituita loro almeno la fiducia nella giustizia italiana», commentano Alessandra Ballerini e Emiliano Benzi, legali di Jammo e dei familiari di alcune delle vittime.

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