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Barberia Peppino, 60 anni fra politici, nobili e hipster

(di Andrea D'Ortenzio) C’è un luogo, nel centro storico di Roma, a via della Vite proprio a due passi da Piazza di Spagna e il Corso, dove politici, grandi manager, nobili e diplomatici siedono fianco a fianco ad aitanti hispter di Seattle, emigranti italiani nostalgici e artisti stranieri. Il barbiere da alcuni è visto come una fastidiosa necessità, altri come un momento di cura di sè o di relax dove celebrare, come diceva Plutarco, quei ‘banchetti senza vino’, densi di chiacchiere e facezie. La Barberia Peppino, a Roma, è un po’ tutto questo e a dimostrarlo sono i 60 anni di attività e gli 80 del proprietario, Piero Migliacci, compiuti di recente. C’è quindi chi va lì per ammirare la boiserie, le poltrone in pelle, le giacche bianche dei collaboratori (una squadra di 6 persone fra cui il figlio di Piero, Alessandro), le vetrine con le boccette di colonia inglese dalle etichette liberty, le foto autografe del re emerito di Spagna Juan Carlos o del Principe Ruspoli.

Per gli habituè è un ambiente di rassicurante ma non polverosa tradizione, come una piazza antica però animata da caffè e concerti. Agli occhi del turista è la materializzazione di quello che ha letto nei libri o visto nei film e spesso, magari timidamente, estrae lo smartphone per scattare foto e portarsi a casa il ricordo di quella rasatura con asciugamani caldi ‘alla vecchia maniera’. Questa infatti è una bottega artigiana: certo, se si ha fretta, il taglio è veloce ed essenziale ma per chi un po’ di tempo ce lo ha, vengono messi in campo quei tanti piccoli dettagli ora quasi dimenticati. E poi ci sono le chiacchiere. Certo, che barbiere sarebbe senza le chiacchiere. E Piero appunto è una miniera inesauribile di aneddoti, ricordi e curiosità. Ma le chiacchiere qui arrivano solo se si ha piacere e il piacere di farle peraltro arriva spesso. Piero in ogni caso coglie al volo chi ama la riservatezza e le poche parole.

Un’arte affinata in 65 anni di lavoro. E per quel tipo di clienti, famosi e non, lo scambio con un reciproco e immediato accordo si limita a poche, educate, parole. Di sicuro c’è che Piero tratta tutti allo stesso modo: principi e turisti con le infradito. E dopo 65 anni di lavoro, indossa ancora la giacca se c’è bisogno, impugna forbici, rasoio e pettine, risponde al telefono per prendere gli appuntamenti, mette in ordine. Piero sopporta anche le affettuose facezie dei suoi collaboratori e del figlio, il suo orgoglio assieme alle onorificenze che gli hanno assegnato in questi anni e ai ringraziamenti dei suoi ex allievi. E anche lui, da ex allievo, il tributo al suo maestro lo ha dato: il nome Peppino della bottega arriva da Peppino Ricciardo Calderaro, celebre barbiere siciliano che opera a Roma e dove Piero arrivò a lavorare nel dopoguerra nella sua bottega di via Mario de’ Fiori, aperta appunto dal 1957. Piero, calabrese lavorava dai 15 anni e aveva già trascorso un periodo a Milano ma da quel momento si stabilisce a Roma, città che non ha mai lasciato. Ma il legame con la sua terra dove torna di frequente a incontrare gli amici rimasti lì non si è affievolito.

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