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Salvatore Modica: «Dalla burocrazia ai giovani, ecco le sfide per Musumeci»

PALERMO. Riforma dei quadri dirigenziali, semplificazione della burocrazia, sostegno all'istruzione di base ancora al palo malgrado «i giovani siciliani siano fra i meno attrezzati culturalmente». Consigli al «principe» indirizzati a Nello Musumeci, nuovo presidente della Regione, dal docente di Economia Politica all'Università di Palermo, Salvatore Modica. Ricordando, più che Machiavelli, la misura del possibile e delle riforme concretamente – e presto - attuabili. Niente libri dei sogni, insomma: ci torna su Modica, che fu tra i firmatari all'indomani della vittoria di Crocetta nel 2012 di un manifesto di economisti che suggeriva dritte e priorità.

Professore, rieccoci. Da dove partire?

«Il primo problema è quello della selezione dei quadri dirigenti. È auspicabile che il presidente nel rispetto dei vincoli esistenti selezioni nei ruoli di vertice nei vari assessorati i candidati che ritiene più idonei impegnandosi quanto più possibile in prima persona in questo compito».

Crocetta si insediò al grido di «rivoluzione». E Musumeci?

«Ci cascai pure io. L’unica rivoluzione di Crocetta è aver fatto piazza pulita della formazione professionale, lasciando le macerie sul campo. Abbiamo bisogno di piccoli passi e se Musumeci mostrerà a tutti i suoi piccoli passi, farà una rivoluzione grande: la rivoluzione della trasparenza».

Trasparenza. Non solo uno slogan?

«La trasparenza misura la democrazia moderna: se il governo dice quello che vuole fare e mette la gente in grado di giudicare se ce l’ha fatta o no, è il popolo che governa. È una sfida che Musumeci lancia a pagina 1 del programma: “Questo documento fissa obiettivi chiari e misurabili”. E la misurabilità è prerequisito della trasparenza perché per giudicare se un obiettivo è stato raggiunto, si deve potere misurare. A livello di programma elettorale non si può andare troppo nel dettaglio, ma dopo sì. Ci vuole competenza perché non è facile né individuare gli indici né stimare l’entità delle variazioni possibili. Ma ci vuole soprattutto coraggio».

Qualche esempio?

«Primo, l’istruzione. Per esempio, il divario cognitivo dei quindicenni siciliani rispetto alla media italiana è più o meno lo stesso che c’era nel 1860 sull’alfabetizzazione. Deprimente. Lì ci si potrebbe impegnare numeri alla mano. Idem per gli asili nido: i comuni con asili nido sono tipo il 25% al sud e 75% al nord. Ancora, la possibilità di fare sport, che al sud è un lusso. Un esempio più spinoso è la spending review. Basterebbero segnali inequivocabili sulle intenzioni, per esempio affidarla a uno come Roberto Perotti, docente della Bocconi che Renzi chiamò per la sua spendig review, che poi in silenzio si dimise. Con uno come lui starei tranquillo che tutto quello che c’è da fare sulle partecipate, verrebbe fatto».

L’istruzione è importante, ma dove si trovano i soldi?

«Si dovrebbero usare parte dei fondi Formazione nell’istruzione di base. Parlare inglese e sapere programmare sono le cose su cui battono sempre i manager delle aziende avanzate. Ben vengano anche i corsi professionali propriamente detti, quelli che già conosciamo, ma il rilancio della formazione deve partire dagli istituti tecnici».

Non abbiamo parlato di economia.

«Io sono fra quelli che tifano per meno-tasse-meno-spesa, che pensano che l’autorità pubblica debba occuparsi di favorire la concorrenza fra imprese e lo sviluppo di quelle che producono più valore aggiunto. Fanno eccezione le attività che il mercato tende a comprimere (come l’istruzione o la salute) e che vanno quindi sovvenzionate. Fra queste oggi metterei le produzioni artistiche, che in prospettiva sono anche fra quelle che resisteranno più a lungo all’assalto dell’intelligenza artificiale».

Basta così?

«Una montagna di roba. Burocrazia, giustizia civile, competenza professionale. Di formazione abbiamo parlato. La giacenza elevata nei tribunali civili del sud è una delle determinanti fondamentali del differenziale sui tassi praticati alle imprese rispetto al nord. Si dovrebbe fare pressione sul governo nazionale perché intervenga su questo. E infine la burocrazia: la semplificazione è importante quanto difficile. Se ne dovrebbe occupare il presidente in prima persona, al primo posto nella sua agenda».

Chiudiamo con la politica: più del 50% di astenuti...

«I politici si fanno vedere in giro solo in campagna elettorale. Parte della trasparenza passa per un miglioramento dei siti governativi che potrebbero essere più semplici e comunicativi. E forse si potrebbe rivalutare la comunicazione fisica, il contatto diretto con i cittadini. Chissà, magari aiuterebbe vedere in giro il presidente che parla alla gente di quello che fa...».

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