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Nel ventre di Caracalla i volti degli schiavi

  TERME DI CARACALLA  - ll volto scuro e un po' pietrificato di una giovane donna, gli occhi serrati da un sonno che pare eterno, sembra galleggiare in un vuoto indefinito, quasi riemergesse da un tempo lontano. Presenza improvvisa, leggera e nello stesso tempo inquietante come quella dei tanti fratelli, uomini, donne, ragazzi, che si susseguono uno dopo l'altro sul pavimento in terra battuta di una delle gallerie sotterranee delle Terme di Caracalla, oltre tre chilometri di cunicoli che mille e ottocento anni fa dovevano essere l'inferno per migliaia di anonimi schiavi addetti al rifornimento delle fornaci.

L'arte contemporanea si rapporta all'antico e diventa un'occasione per riportare alla luce la storia dimenticata dei più con 'Molti', l'installazione di Antonio Biasiucci, che fino al 19 novembre apre di nuovo al pubblico i sotterranei del grandioso complesso termale inaugurato nel 216 d.C. dall'imperatore figlio di Settimio Severo. Per il sito archeologico, che dal 2016 ospita anche due opere di Michelangelo Pistoletto (Una di queste, "La mela reintegrata" proprio nei sotterranei al centro della rotonda che serviva da snodo alle gallerie) l'esperimento non è una novità, eppure è un'occasione sulla quale la soprintendenza punta molto anche per il rilancio dell'area: "I quasi due chilometri di gallerie delle Terme di Caracalla in gran parte da restaurare si candidano a divenire un grande spazio espositivo per Roma", sottolinea presentando l'esposizione il soprintendente Francesco Prosperetti. Tanto più che con la cronica carenza di personale, i sotterranei, oggi spazi di incredibile suggestione arricchiti da una mostra permanente di elementi architettonici, non sono stabilmente aperti per i visitatori ("Per farlo avremmo bisogno di almeno 5-6 custodi in più" spiega Marina Piranomonte direttore scientifico delle Terme) così pure come il favoloso Mitreo, il più grande della Roma antica giunto fino a noi.

Artista da sempre attento e sensibile ai temi della storia come all'attualità (le sue opere sono in tanti musei italiani dal Maxxi al Madre, dal Guggenheim di Venezia alla Fondazione Re Rebaudengo di Torino) Biasiucci spiega di aver realizzato i 50 scatti che compongono la sua installazione ritraendo in bianco e nero una serie di calchi realizzati negli anni Trenta da un antropologo, Lidio Cipriani, impegnato in uno studio sulla razza. La sua prima fonte di ispirazione, racconta, era stata la storia dei migranti dispersi e morti nei nostri mari. E con quel senso le immagini furono esposte nel 2009 al Madre di Napoli.

Nel ventre di Caracalla è il contesto a cambiare il senso dell'opera. Qui, nelle gallerie carrozzabili che contenevano i depositi di legname, i forni, le caldaie, persino un mulino, Biasiucci spiega di aver allestito 'Molti' con il pensiero agli schiavi e agli operai chiamati a costruire la magnificenti terme ("9.000 operai al giorno per 5 anni" conta Piranomonte) e ai tanti che lavoravano sotto terra, faticando a temperature da girone dantesco per permettere ai cittadini romani di trascorrere ore di ozio in totale relax (le terme ricorda il direttore Piranomonte erano capaci di accogliere 1500 persone in contemporanea e più di 8000 al giorno). Ecco quindi che le opere, come fa notare il curatore Ludovico Pratesi, collocate in dialogo spaziale con i reperti archeologici "si possono interpretare quasi come un omaggio simbolico ad un'umanità presente e necessaria ma non degna di essere ricordata, alla quale Biasiucci restituisce la dignità del ritratto, concesso in epoca romana soltanto alle classi più abbienti". La suggestione è fortissima.

    L'esposizione sarà aperta fino al 28 ottobre dal martedì alla domenica dalle 9 fino alle 19.30 e poi dal 29 ottobre al 19 novembre dalle 9 alle 16.30 (la biglietteria chiude un'ora prima). Il lunedì si può visitare invece solo al mattino, dalle 9 alle 14.00. Il biglietto intero costa 8 euro.
   

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