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Pilates, 50 anni fa addio al "papà" del metodo divenuto di culto

(di Elisabetta Stefanelli )

   Se un giorno scoprirete dal male che vi fanno di avere muscoli che non avevate mai sospettato di avere prima, nonostante la lunga attività sportiva, e vi rivedrete con sorpresa elegantemente sospesi in una posizione che sfida ogni legge della fisica, allora avrete provato almeno una volta nella vita il Pilates. La leggenda da sfatare prima di tutto è che questa disciplina sia per pigri o anziani, una sorta di posturale e ginnastica dolce da praticare alla fine della carriera sportiva, perché il metodo inventato da Joseph Pilates è adatto veramente a tutti. Anche se oramai la diffusione capillare nelle palestre, nella sua accezione a corpo libero - il matwork - ne ha un po' stravolto il senso, ed è quindi sempre meglio praticarlo negli studi dove si trovano reformer e cadillac e forse istruttori che ne hanno più a fondo compreso la filosofia. 

A 50 anni dalla morte, avvenuta il 9 ottobre del 1967 a New York, l'immagine che forse dovrebbe essere d'ispirazione a tutti è quella dell'allegro ottantentenne, nato il 9 dicembre del 1883 a Moenchengladbach, in Germania, in splendida forma, sfoggiare una muscolatura assolutamente invidiabile nella sua perfezione. Joseph, figlio di un ginnasta di origini greche e una naturopata, ebbe un'infanzia segnata dai guai fisici: asma, rachitismo, febbre reumatica. Drammi che si accompagnano a quelli che gli ha inflitto la prima guerra mondiale, quando fu internato in un campo in Gran Bretagna, dove nel frattempo si era trasferito per seguire la vita di un circ: nel quale splendeva il suo nome in cartellone come quello di una star. Le carenze fisiche dell'infanzia infatti lo spingono a concentrarsi sul potenziamento del corpo, e sullo studio scientifico dell'anatomia, al punto da diventare una filosofia di vita fino allo sviluppo del metodo che chiamerà Contrologia e che poi invece prenderà il suo nome. Dopo la giovinezza dedicata a raggiungere l'armonia e la perfezione fisica, che gli vale anche la fama come modello anatomico, e poi nella box, come sciatore e sub. Culturista ante litteram, lavorò anche in un circo ma dopo aver studiato la lotta, lo yoga, il Tai Chi e la meditazione zen, trovò la vera ispirazione nell'ospedale del campo in cui fu prigioniero durante la prima guerra mondiale. Lì iniziò a dedicarsi agli altri, e a pensare che gli studi nati per la sua rivincita personale contro la malattia, potessero anche aiutare gli altri. Ed ebbe ragione. I ragazzi che lui accudiva, e ai cui letti d'ospedale aveva aggiunto corde con pesi e carrucole che sarebbero state le prime reformer e cadillac, poi macchine base del metodo Pilates, li aiutarono al punto che nessuno di loro si ammalò nella terribile epidemia di influenza che falcidiò 200 mila inglesi.

  Il suo metodo però non era solo fisico, e la base del Pilates infatti è proprio nel senso di quella definizione che il suo creatore gli aveva dato: Contrologia. Ovvero il controllo della respirazione e di ogni sforzo, così che il potenziamento e lo stiramento del muscolo non vengano da un movimento di espressione brutale ed esterna della forza ma dal suo elegante dominio. In questo senso la svolta determinante per quella disciplina, che oggi è praticata in tanti studi, e in moltissime palestre nella declinazione a corpo libro denominata matwork - e spesso un po' troppo liberamente interpretata - è nell'incontro con la danza, avvenuto nel primo dopoguerra ad Amburgo. E' qui che Joseph, incontra il ballerino e teorico della danza Rudolf Laban e Mary Wigman, coreografa e ballerina a sua volta, che introducono alcuni elementi del Pilates nello studio e l'allenamento dei loro danzatori. A metà degli anni Venti Pilates, oramai celebre, fu invitato ad allenare l'esercito tedesco. Ma, intuita la situazione, scelse di trasferirsi a New York, dove nel 1926 insieme alla moglie Clara aprì il suo studio al numero 939 della Eighth Avenue di Manhattan. Da un suo amico falegname fece costruire cadillac e reformer di gran lusso in legno d'acero, dove iniziarono ad allenarsi stelle della danza e coreografi famosi - Ruth St. Denis, Ted Shawn, Jerome Robbins, George Balanchine e Martha Graham - , attori come José Ferrer o scrittori come Christopher Isherwood. Da lì alla moda, alla celebrità, al culto, solo un piccolo passo.

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