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Auguri a Cabrini, compie 60 anni il "Bell'Antonio": idolo delle donne, fuoriclasse in campo

ROMA. Era il giugno del 1978, e le italiane scoprirono il calcio.

Dall’Argentina arrivavano immagini dei Mondiali, «i soliti 22 uomini in mutande che...», ma in quell'Italia c'era qualcuno che proprio non le faceva annoiare: «Come si chiama quello? Caprini?», chiedeva qualcuna, colpita. Il nome non importava tanto, anche perché presto quel ragazzo divenne il «Bell'Antonio», copyright Gianni Brera, e il «Fidanzato d’Italia».

Antonio Cabrini, con la 'b', allora aveva solo 21 anni, davanti una carriera straordinaria come giocatore e un passepartout assicurato per l’universo femminile. Ora, oggi, ne compie 60.

Guardandosi indietro ha solo da sorridere e guardando avanti ancora molto da dare.

Dai primi calci nella cascina di famiglia vicino a Cremona, alle giovanili della Cremonese, con una vittoria di un torneo di allievi che Cabrini tiene sul suo
podio personale, fino all’Atalanta e quindi alla Juve, con la quale ha vinto sei scudetti, due coppe Italia, tutte le coppe europee e quella Intercontinentale.
Intanto c'era l’azzurro. Da quell'esordio folgorante in Argentina, al trionfo nel Mundial di Spagna con l'unica sbavatura del rigore sbagliato nella finale poi
vinta sulla Germania - «chiesi subito scusa a Pertini» -, Cabrini è stato per otto anni un punto fermo. Alle corse sulla fascia era abituato, nel frattempo ha
imparato anche a fare i dribbling tra le tifose, che lo marcavano davvero stretto.

«Mi subissavano di lettere, mi lanciavano di tutto, gioielli e biancheria intima, mi aspettavano davanti e dentro l’albergo - racconta -. Avevo però le mie regole. Se dovevo giocare, non c'erano storie».

Da qualche parte ha ancora dei sacchi pieni di lettere, cui si ripromette di rispondere, «prima mi aiutava mia mamma poi non c'è stata più dietro».

Giusto 30 anni fa, il 17 ottobre, Cabrini giocò l’ultimo match in Nazionale, la sua seconda casa dopo la Juventus, e solo due mesi fa ha perso il posto da
ct della nazionale femminile, un ruolo che per qualche maligno non poteva essere più adatto a lui. Se la sua bacheca da giocatore è inarrivabile, quella da
tecnico è tutta da riempire e ora la sua aspirazione sarebbe lasciare il segno su questo fronte. «In questo momento però non è facile trovare una buona
occasione in Italia - ammette Cabrini -. Ha fatto bene Pippo Inzaghi, che dopo l’esperienza al Milan è sceso in C col Venezia e costruire un progetto,
trovando una società seria. Io intanto mi tengo impegnato con la tv (ospite fisso a 'Che fuori tempo che fa' con Fabio Fazio, ndr)».

Lo schermo che riusciva a bucare così facilmente - «sono stato il primo calciatore italiano protagonista di uno spot», ricorda -, dove ha ha preso parte anche ad un 'Isola dei famosi', ora è un po' un rifugio in attesa di qualcosa più legato al pallone, «il vero amore della mia vita». Altri sport? «Insomma... mi piacciono i motori, la Formula 1 e la MotoGp. Ho una vera passione per le macchine d’epoca, spesso capolavori di bellezza». Il fil rouge di tutta la sua vita.

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