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Las Vegas, la prima strage dell'era Trump: torna la polemica sull'uso delle armi private

Donald e Melania Trump durante il minuto di silenzio in onore delle vittime della strage di Las Vegas

WASHINGTON. Il massacro di Las Vegas, la peggiore strage di armi da fuoco nella storia Usa e la prima dell'era Trump, riapre il dibattito sulle armi facili in Usa, che causano oltre 30 mila vittime l'anno: dal 1970 ne sono morte più di quelle che si sono portate vie tutte le guerre della storia americana.

Stephen Paddock, l'autore della sparatoria, aveva portato in camera d'albergo un piccolo arsenale da guerra (almeno dieci fucili), presumibilmente acquistate legalmente e senza che nessuno avesse notato nulla.

La strage da lui commessa è forse la prima in America cui è stata utilizzata un'arma automatica. Il killer Stephen Paddock avrebbe infatti modificato un fucile d'assalto AK-47, sul tipo di quelli usati in guerra, per esplodere colpi in piu' rapida successione, solo tenendo premuto il grilletto. E poggiando l'arma su di un cavalletto per prendere meglio la mira ed avere un effetto ancor piu' micidiale. E' una delle ipotesi fatte dagli investigatori per spiegare quello che e' stato il massacro piu' sanguinoso della storia recente americana. Reso ancor piu' devastante dal fatto che il killer ha sparato dall'alto su una folla di circa 20 mila persone assiepate

Nel suo breve discorso alla nazione, il presidente Usa Donald Trump, paladino insieme ai repubblicani del secondo emendamento che garantisce il diritto alla difesa armata, si è guardato bene dall'irritare la sua base elettorale sollevando il problema della proliferazione della armi personali: oltre 300 milioni in Usa, circa una per abitante. E la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, è stata esplicita: "C'è un tempo e un luogo per il dibattito politico, ma non è ora".

Non la pensa così la ex rivale di Trump alla Casa Bianca, Hillary Clinton, che ha rispolverato un cavallo di battaglia dei Democratici. "Il nostro dolore non è abbastanza. Possiamo e dobbiamo mettere la politica da parte, prendere posizione contro la Nra (National Rifle Association, la più potente lobby Usa a favore delle armi, ndr) e lavorare insieme per evitare che questo succeda di nuovo", ha twittato, mentre i titoli dei produttori di armi volavano come sempre a Wall Street dopo una strage, nel timore di una stretta delle norme.

Molti repubblicani hanno invitato a non politicizzare la vicenda, a conferma che non vogliono mettere in discussione le attuali leggi sulle armi, che variano da Stato a Stato ma che in linea di massima consentono di acquistare e portare armi con relativa facilità.

Il Nevada, dove è avvenuta la strage di oggi, ha una delle normative meno restrittive: le persone possono portarle ovunque, anche quelle d'assalto, e non devono registrarsi come possessori di armi.

Prima di lasciare la Casa Bianca, dopo una lunga battaglia Barack Obama ("un'altra tragedia assurda", ha twittato oggi) aveva usato un ordine esecutivo per bypassare un congresso controllato dai repubblicani e inasprire i controlli. Ma il Grand Old Party ha criticato anche quelle norme tutto sommato di buon senso e, appena insediato Trump, ha addirittura cancellato i controlli per l'acquisto di armi da parte di persone con disturbi mentali.

Difficile che il massacro di Las Vegas cambi qualcosa, se nulla è cambiato dopo gravi sparatorie contro bambini (alla Sandy Hook School di Newtown), frequentatori di discoteche (a Orlando) e addirittura parlamentari repubblicani (ad Alexandria). Eppure il secondo emendamento appare ormai anacronistico, non più giustificato dalle sue iniziali motivazioni storiche. I grandi giornali, dal New York Times al Washington Post, insistono sulla necessità di un giro di vite, come ha fatto con successo l'Australia dopo una strage di massa nel 1996. Pure con piccoli passi elementari, come si è fatto per ridurre gli incidenti d'auto. Certo, non sarebbe l'unico rimedio, perché ci sono altri problemi da affrontare insieme, come le malattie mentali, l'emarginazione sociale, o l'odio razziale e le divisioni politiche alimentate dallo stesso Trump. Ma sarebbe un buon punto di inizio.

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