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Addio al padre di Playboy, sfidò i tabù dell'America

(di Ugo Caltagirone)  Fama, soldi, donne, macchine lussuose e ville da sogno: "Credo di essere l'uomo più realizzato che conosco", ripeteva sempre Hugh Hefner. Anche ora che a 91 anni le forze lo abbandonavano, ma senza mai rinunciare agli agi e alle sue 'conigliette' mozzafiato. Ripeteva anche di voler restare giovane, di non voler mai invecchiare. E a dispetto dell'età il 'vecchio Hef', come lo chiamavano gli amici, aveva spirito ed energia da vendere. Lui che fondando Playboy sfidò più di 60 anni fa i tabù dell'America puritana e bacchettona. E intercettò sogni e desideri proibiti di un'intera generazione, quella del dopoguerra. Così la lunga avventura di Hefner si è conclusa serena. Si è spento felice con tutti i suoi cari accanto, nella 'reggia' californiana di Holmby Hills. Quella alle porte di Hollywood, teatro dei leggendari party degli anni '70, '80 e '90, quando si presentava agli ospiti in pigiama di seta e fumando la pipa, sempre elegantissimo e attorniato dalle sue bellissime 'playmate'. Ma anche erudito, dall'eloquio coinvolgente, critico sfacciato e disincantato dei suoi tempi. Una vita sempre sopra le righe la sua, partita dai sobborghi di Chicago. "Sono stato povero e ricco, e ricco è decisamente meglio", amava dire, dall'alto di quell'impero nato da una idea a cui nessuno nel lontano dicembre 1953 dava credito, ma che si rivelò invece geniale. Facendo di Playboy uno dei marchi universalmente più conosciuti del ventesimo secolo, dove il sesso è sempre andato di pari passo con la sensualità, l'eleganza e la mondanità. Per il primo numero, realizzato su di un tavolo da gioco nel vecchio appartamento nella Southside di Chicago, Hefner acquistò una foto di una giovanissima Marylin Monroe nuda, tratta da un calendario sul quale era stata immortalata quando non era ancora famosa. Fu un successo clamoroso, con 50 mila copie vendute. Da allora sulla copertina di Playboy si sono succedute top model, attrici, star dello spettacolo e tantissime donne famose che Hefner convinse a posare nude. E nel 1971 si arrivò a 7 milioni di copie vendute in tutto il mondo.
    Per almeno 40 anni Hefner riuscì a catturare le fantasie degli uomini in un'epoca ancora senza internet. Attirandosi però le ire del movimento femminista e della Chiesa, che lo accusavano di promuovere l'immagine della 'donna-oggetto' e di mercificare il corpo femminile solo per fare soldi. Lui spiegò la sua filosofia in un manifesto - 'The Playboy Philosphy' - nel 1962, denunciando l'ipocrisia della società americana, sostenendo l'idea di un mondo sessualmente più libero e anticipando con grande lungimiranza i temi della rivoluzione sessuale poi esplosa alla fine dei '60. "Il sesso è la maggior forza civilizzante al mondo, altro che la religione", scriveva.
    E Playboy non era solo donne senza veli, ma anche cultura e attualità, con interviste a personaggi del calibro di Fidel Castro, Martin Luther King, Malcolm X, John Lennon. Negli anni 2000 arriva però la crisi. Si entra nell'era del web, quella rete che in un paio di decenni ha rivoluzionato le nostre vite.
    Playboy passa inevitabilmente di moda: troppo forte la concorrenza del sesso e della pornografia a buon mercato accessibile a chiunque online. Nell'ottobre del 2015 la svolta radicale decisa da Hefner, con l'annuncio che Playboy non avrebbe più pubblicato nudi integrali di donne. Ma le vendite crollano inesorabilmente, tanto che Hef è costretto a vendere la sua residenza hoolywoodiana al vicino, il manager di un hedge fund. Con la promessa di poterci restare fino alla sua morte.
    Ora tutte le sue 'conigliette' ed ex 'playmate' lo piangono: "Addio Hef, oltre alla mia famiglia sei stata la persona più importante della mia vita", scrive Pamela Anderson. Per tutte un vuoto incolmabile. (ANSA).
   

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