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Concorsi truccati all'Università, ministero parte civile. I prof: "No generalizzazioni"

Il ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli

ROMA. Il ministero dell'Istruzione "si riserva di costituirsi parte civile" nel procedimento sui concorsi universitari truccati al centro dell'inchiesta di Firenze. Lo ha annunciato la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, rispondendo durante il question time, a una interrogazione rivolta a Valeria Fedeli. Nessuna comunicazione ufficiale comunque - ha precisato - è ancora pervenuta al Miur relativamente ai provvedimenti assunti dall'autorità giudiziaria.

La ministra Finocchiaro ha quindi ricordato la collaborazione del Miur con l'Anac per la stesura di una specifica sezione, dedicata all'Università, del Piano Nazionale Anticorruzione.

Nel documento sono stati sondati - ha spiegato - "alcuni aspetti-chiave che riguardano le università e il mondo della ricerca: valutazione e finanziamento dei progetti di ricerca; processo di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio; reclutamento dei professori; conflitti di interesse tra partecipanti al reclutamento e personale dell'ateneo; formazione delle commissioni giudicatrici ed eventuali conflitti di interesse dei componenti; scarsa trasparenza dei criteri e delle procedure di valutazione; codice di comportamento/codice etico; procedimenti disciplinari".

Il documento, che sarà varato entro la metà di ottobre, si propone di "togliere ogni area di opacità e zone d'ombra e affrontare in modo molto serio, rigoroso e trasparente ogni parte del funzionamento dell'università". "E' precisa intenzione del Miur, sempre nel corso del mese di ottobre, di adottare per la prima volta - ha concluso Finocchiaro - un vero e proprio Atto d'indirizzo sulla trasparenza e sui conseguenti comportamenti che devono ispirare la vita accademica e devono improntare codici etici e di autoregolamentazione degli Atenei".

Nelle indagini sono coinvolti anche anche docenti siciliani, raggiunti da provvedimenti di interdizione chiesti dalla procura di Firenze nell'ambito dell'inchiesta sui concorsi universitari. Si tratta di Salvatore SammartinoDaniela Mazzagreco e Maria Concetta Parlato dell'Università di Palermo e Andrea Colli Vignarelli, marito della Parlato, dell'Università di Messina.

Tra gli indagati, figura anche l'ex professore dell'Università di Palermo Andrea Parlato, padre di Maria Concetta, uno dei massimi esperti di diritto tributario, chiamato in causa per presunte pressioni che sarebbero state esercitate per favorire la figlia. Altri docenti siciliani dell'università di Catania e della Kore di Enna risulterebbero tra gli indagati.

Anche l'Università di Firenze si costituirà parte civile. Lo annuncia una nota dell'Ateneo fiorentino, precisando che l'istanza è stata presentata dopo l'apertura dell'inchiesta da parte della procura di Firenze che due giorni fa ha portato all'arresto di sette docenti, 22 interdetti e 59 indagati. "Ieri pomeriggio ho dato mandato di predisporre istanza al giudice per le indagini preliminari presso la procura della Repubblica di Firenze - spiega il rettore Luigi Dei - anticipando l'intenzione di esercitare azione civile nel procedimento penale quando e se questo sarà incardinato".

Un invito in tal senso era già arrivato dal ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli: "Sarebbe utile, laddove ci sono dei casi di corruzione, che i rettori, e quindi le università, reagissero, e quindi si costituissero parte civile".

Intanto l'Uspur (Unione sindacale professori e ricercatori universitari), invita a non fare di tutta l'erba un fascio. "L'indagine - sottolinea il sindacato - riguarda un unico settore concorsuale. I numeri dei docenti indagati nel loro complesso è un'esigua minoranza rispetto all'organico in essere di circa 45000 docenti (indicativamente 20000 ricercatori, 15000 associati e 10000 ordinari). Ogni generalizzazione è quindi completamente fuori luogo".

Precisa quindi che l'Abilitazione Scientifica Nazionale non porta a nessuna assegnazione di posti di docenza, ma "è solo il filtro introdotto dalla legge 240/2010 per la creazione di un insieme di docenti degno di poter partecipare a un successivo concorso in ruolo".

"Sulle 14 aree in cui è suddivisa l'organizzazione dei 'saperi' dell'università italiana, ben 9 (63% dei docenti totali) - spiega ancora l'Uspur - individuano dei criteri di soglia per l'abilitazione nazionale basati su indici bibliometrici oggettivi che riflettono il posizionamento del singolo candidato rispetto alla media dei docenti della categoria di riferimento. L'uso di indicatori bibliometrici, pur con tutti i possibili distinguo, riduce la possibilità di arbitrii".

Per questo il sindacato auspica una estensione di criteri bibliometrici anche in quei settori culturali che ne hanno indicata la non pertinenza. L'Uspur avanza quindi qualche suggerimento "per impedire il ripetersi di fatti così incresciosi che purtroppo generano discredito su tutto il sistema universitario". Premettendo che a suo parere la disciplina concorsuale ha ormai fatto il suo tempo, il sindacato propone che "invece di un inasprimento delle procedure ex-ante", ci sia "un drastico controllo ex-post degli esiti della procedura di selezione".

"Oggi questo controllo è ancora marginale all'interno delle procedure della Valutazione della Qualità della Ricerca i cui indici sono poi impiegati per la distribuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario nei diversi atenei. Solo una responsabilizzazione della selezione del corpo docente che trovi riscontro nei fondi assegnati al singolo dipartimento (e quindi ai singoli atenei) potrà spingere - conclude - verso procedure di reclutamento virtuose".

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