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Il cuore degli italiani sempre più vecchio e a rischio

Negli ultimi cinquant'anni l'invecchiamento della popolazione italiana è stato tra i più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati, si stima che nel 2050 gli ultra 65enni saranno il 35,9% della popolazione totale.
    Parallelamente all'aumentata aspettativa di vita, si è verificata una transizione epidemiologica nella patologia emergente: da una situazione in cui erano prevalenti le malattie infettive e carenziali, si è passati a una preponderanza di quelle cronico-degenerative, come le patologie cardio e cerebrovascolari. Alla domanda sul futuro della cardiologia hanno cercato di dare una risposta gli esperti che hanno preso parte al simposio internazionale "Cardiology of Today and Tomorrow: Prepared for the Future", promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini. E' emerso che il fenomeno a cui probabilmente andrà incontro la società, sarà un aumento della popolazione con insufficienza cardiaca. Oggi a 55 anni di età, il rischio di svilupparla è del 33% per gli uomini e del 28% per le donne. Per questa patologia ogni anno muoiono il 17% dei pazienti ricoverati e il 7% dei pazienti considerati stabili. Il 30-40% dei pazienti ricoverati per uno scompenso cardiaco nel giro di sei mesi andrà incontro a una ri-ospedalizzazione per lo stesso problema.
    "La metà delle diagnosi e il 90 per cento delle morti riguardano persone di oltre settant'anni, a conferma che questa condizione riguarda soprattutto le persone anziane", spiega Edward Lakatta, direttore del Laboratory of Cardiovascular Sciences al National Institute of Ages degli Stati Uniti.
    "Questo vuol dire che la vecchiaia è una malattia? Non proprio - dice - la realtà di ciascuno è definita dall'interazione di età, malattia, stile di vita, genetica e ambiente che definiscono la nostra esistenza in ogni momenti della nostra vita". (ANSA).
   

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