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Caso Ultrà, Agnelli inibito per un anno: alla Juve 300 mila euro di multa

TORINO. Un anno di inibizione per aver avallato le condotte illecite dei suoi dirigenti che «scendevano a patti con gli ultrà» pur di tener buona la tifoseria. E’ una condanna ma con lo 'scontò quella inflitta dal tribunale Figc al presidente della Juventus, Andrea Agnelli. A dieci giorni dalla richiesta della Procura che aveva proposto 30 mesi di stop per il n.1 bianconero (e due turni a porte chiuse per la società), oggi, anticipata dall’Ansa, è arrivata la sentenza. E subito Pecoraro e Juve, hanno annunciato ricorso, spostando al secondo grado la battaglia su quei rapporti non consentiti con il tifo

«Sono parzialmente soddisfatto, ma i fatti riconosciuti sono gravi: farò ricorso», annuncia il procuratore della Federcalcio. «Faremo ricorso, è stato provato che non esisteva alcun rapporto con esponenti della malavita organizzata», è la risposta Juve. «Sono situazioni che dispiacciono, ma aspettiamo i tre gradi di giudizio», chiosa il presidente del Coni, Malagò. Non entra nel merito invece il ministro dello sport, Luca Lotti ("Non commento le sentenze").

L’unico dato certo intanto è che la squalifica diventa effettiva da subito: Agnelli non potrà presentarsi in Lega, scendere negli spogliatoi, né rappresentare il club in ambito federale. Ma l’inibizione, non superando i 12 mesi (secondo l'art. 29 del Codice di giustizia sportiva) non comporta decadenza dalla presidenza. E quanto all’ambito internazionale, nelle pieghe del linguaggio giuridico della sentenza del Tribunale federale nazionale, emerge il no alla richiesta di estendere l’estensione dello stop agli ambiti Uefa e Fifa. Insomma, nessuna ricaduta su Eca ed esecutivo Uefa per Agnelli.

Ma il testa a testa tra Juve e procura federale non sembra finito qui. Anzi si sposta al secondo grado della giustizia sportiva. «Sono parzialmente soddisfatto perchè siamo riusciti a provare la colpevolezza di tutti, ma i fatti sono talmente gravi che secondo me andavano sanzionati di più: per questo presenteremo ricorso», annuncia il capo della Procura Figc, Giuseppe Pecoraro, al telefono con l’Ansa - Credo sia utile la valutazione di un’altra corte, tenendo presente che le risorse derivanti dal bagarinaggio sono andate alla criminalità organizzata, e questo è gravissimo». Per il tribunale nazionale della Figc, tuttavia, le frequentazioni tra Andrea Agnelli e Rocco Dominello «avvennero in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso», scrivono nel dispositivo i giudici negando in tal modo la tesi che il presidente Juve sapesse dell’appartenenza di alcuni capi ultrà alla 'ndrangheta.

In particolare, aggiungono, «Agnelli era da ritenere completamente ignaro in merito alla peculiarità illecita di Rocco Dominello, presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso». Un passaggio cruciale questo per il club bianconero e che - fa sapere sempre attraverso l’Ansa - lo spingerà a presentare ricorso «nella piena convinzione delle proprie buone ragioni, che non hanno ancora trovato adeguato riconoscimento. La società esprime la propria soddisfazione perché la sentenza, pur comminando pesanti inibizioni nei confronti del Presidente e delle altre persone coinvolte, ha escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata. La Juventus - conclude il club - ha fiducia nella giustizia sportiva e ribadisce di aver sempre agito in un percorso condiviso con le Forze dell’Ordine con l'obiettivo di contribuire alla piena salvaguardia della sicurezza e dell’ordine pubblico».

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