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Jim Carrey, giù la maschera, io sovversivo a Hollywood

dell'inviata Alessandra Magliaro

Non è facile essere Jim Carrey, abitare una vita che spesso coincide con i suoi personaggi, fare i conti con se stessi una volta tolta la maschera, riuscire a separare la persona dall'attore per anni re del botteghino. L'interprete canadese, 55 anni, aria gentile dietro il look rock con giubbotto di pelle nera, decisamente in gran forma almeno esteriore dopo anni complicati da depressioni e lutti, rivela molto di se stesso, forse per la prima volta in un bellissimo film documentario "Jim & Andy" di Chris Smith, fuori concorso a Venezia 74.

Un documento-verità che nel raccontare il backstage di Man on the moon, il film del 1999 diretto da Milos Forman sulla vita e la storia artistica del comico irriverente, sopra le righe, eccentrico, burlone Andy Kaufman (morto prematuramente di cancro) e del suo bizzoso irascibile alter ego Tony Clifton, entrambi interpretati da Jim Carrey, finisce per diventare una "meditazione sul concetto di verità, successo, sogni, arte". Jim Carrey si commuove parlando del padre Percy morto troppo presto per vedere i successi di quel figlio che voleva diventare famoso - accadde tre settimane dopo l'uscita del blockbuster The Mask (1994) -, che incassò cifre iperboliche, e Carrey infilò nella sua bara un assegno da 10 mila dollari quasi a riscattarlo dei fallimenti), spiega che ogni suo film è legato ad un periodo preciso della sua vita non casualmente. Ad esempio in Se mi lasci ti cancello "ero a pezzi" per la fine dell'amore con Renee Zellwegger - ndr - "e Michel Gondry mi diede la parte ma dovetti restare a pezzi ancora un anno in attesa delle riprese per mantenermi come mi voleva lui". Come dire: uno di quegli attori che si cala talmente nei personaggi da portarseli anche a casa.

E' sempre stato un outsider, un anarchico "da giovane volevo diventare un attore, avere successo ma non volevo essere parte di quel sistema, volevo distruggere Hollywood e quelli che al cinema hanno sempre la risposta pronta, tipo Clint Eastwood, prendere in giro i leader del cinema. Sono sempre stato sovversivo in questo senso. L'onestà è sovversiva nella città delle maschere. E quando uno è autentico come sono io, è difficile per gli altri indossare una maschera".

Maschera è una parola da usare con cura parlando di Jim Carrey: è nato come attore portandola, muovendo mimicamente il volto, facendo imitazioni, vincendo i primi provini, facendo sbellicare il pubblico negli show tv, conquistando i botteghini come per The Mask, Ace Ventura, Scemo & più scemo. "Questo film è gratificante per me, è bello che non mi si veda solo come una persona che fa smorfie, come una maschera ma si capisca il mio lavoro, l'alto livello di impegno. Tutti i miei film hanno un significato, tutti gli aspetti anche quelli più ridicoli del mio lavoro hanno un significato spirituale per me, persino in Scemo & più scemo".

Esuberante e fragile, "la mia personalità - dice Carrey - è condizionata dal mio lavoro. Quando fai dei personaggi ti rendi conto che nel vestirli tu stesso sei un personaggio e le persone ti vedono così e si aspettano che tu ti comporti così". Diventare altro da se anche per sfuggire all'infelicità, Jim Carrey che ha avuto periodi sofferti, in preda alla depressione, lo fa capire chiaramente. In questo senso il documentario Jim & Andy con qui Carrey vuole far "tornare in vita quell'incredibile talento di Kaufman" è una sorta di seduta analitica, con la quale l'attore si è lasciato andare a ripercorrere la sua vita, la sua voglia di libertà creativa paradossalmente costretta nelle tante maschere interpretate. "Mi sono lasciato andare al flusso di energia, mi sono sentito al sicuro" spiega.

La genesi del film (ancora senza distribuzione italiana) è particolare: il backstage di Man on the moon fu realizzato appositamente dalla troupe del film che così evitava intrusioni di esterni e per un certo periodo 'secretato' dalla Universal per proteggere Jim Carrey che era diventato letteralmente Andy Kaufman. Il materiale è stato poi ripreso dallo stesso attore e dal regista, montato ritrovando spezzoni storici delle carriere di Jim e Andy, e commentato oggi. Nella vita di Carrey oggi è entrata l'arte, "ne sono orgoglioso" oltre al cinema, orfano di quel "mito assoluto" che è stato per lui Jerry Lewis. "Un genio che ha avuto una grande influenza su di me. Avevamo un collegamento telepatico - racconta ad un certo punto dicevo "stanno trasmettendo Jerry in tv", accendevo il televisore ed era vero, lui era lì, incredibile".

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