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La Corea del Nord non si ferma: "segnali" per il lancio di un missile balistico, per gli Usa "è troppo"

Un missile Hyunmoo-2 lanciato dalla costa orientale della Corea del Sud

SEUL. Seul lancia l’allarme sui nuovi test della Corea del Nord, mentre al Consiglio di Sicurezza dell’Onu esplode l’irritazione Usa nelle parole dell’ambasciatore Nikki Haley che, al laconico «quando è troppo e troppo», aggiunge la richiesta di «più forti misure possibili" contro Pyongayang anticipando la circolazione di una bozza di risoluzione.

Sulla Corea del Sud pende uno stato d’emergenza permanente: un nuovo test nucleare, possibile in ogni momento, e lanci di missili intercontinentali in date sensibili per la storia del Nord come il 9 settembre, giorno della fondazione dello Stato, e il 10 ottobre, dedicato alla nascita del Partito dei Lavoratori.
A poche ore dall’avvio dei lavori al Palazzo di Vetro sul sesto test nucleare del Nord tra condanna unanime e divergenze su sanzioni e mosse da adottare, a Seul l’agenzia d’intelligence sudcoreana (Nis) ha tracciato un quadro allarmante sugli scenari futuri con un vettore balistico intercontinentale di fatto in rampa di lancio e con una «traiettoria standard verso il Pacifico del Nord», simile a quella del Hwasong-12 di fine agosto che sorvolando il Giappone finì poi in mare.
Anche i leader del G7 hanno condannato «nei termini più forti possibili il nuovo test nucleare condotto dalla Corea del Nord" con comportamento «irresponsabile».
Nella dichiarazione firmata da Paolo Gentiloni, Justin Trudeau, Emmanuel Macron, Angela Merkel, Shinzo Abe, Theresa May, Donald Trump, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, si chiede con forza che la Corea del Nord abbandoni immediatamente «tutti i programmi nucleari e di missili balistici in una maniera che sia completa, verificabile e irreversibile».

Oltre a sollecitare l’adozione di nuove misure più forti, in linea con le richieste del presidente sudcoreano Moon Jae-in che, in un colloquio telefonico in serata avuto col presidente russo Vladimir Putin, ha affermato che è tempo che l’Onu "consideri seriamente i modi di bloccare le fonti di valuta estera di Pyongyang, incluso lo stop alle forniture di petrolio e all’export di forza lavoro».  Su un altro versante, quello cinese, l’ambasciatore all’Onu Liu Jieyi ha chiesto a Pyongyang di «smettere di intraprendere azioni sbagliate» auspicando «misure pratiche» per risolvere pacificamente la crisi nell’Asia Orientale.

All’esito negoziale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dipenderà anche una possibile decisione di Pechino su sanzioni che includano l’embargo petrolifero anche parziale, ha lasciato intendere il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang.  Intanto, la Corea del Sud rafforza il deterrente militare grazie all’accordo con gli Stati Uniti sulla rimozione del limite di carico alle testate per i suoi missili. L’intesa è maturata nella telefonata di oggi tra Moon e Trump in una mossa che è una spinta agli armamenti e che vuole aiutare Seul a far crescere le proprie capacità di difesa.

In base all’accordo già rivisto tra i due alleati nel 2012, il Sud poteva finora sviluppare missili con un raggio fino a 800 km e potenza di carico fino a 500 kg.
Seul ha ufficializzato l’arrivo di altre quattro batterie antimissile americane Thaad nella base di Seongju. Mentre è in discussione con Washington lo schieramento di lunga permanenza al Sud di portaerei a propulsione nucleare, super bombardieri e altri potenti asset militari in funzione di deterrenza.
Lo scenario da incubo resta la simulazione del Chosun Ilbo, quotidiano di Seul: una detonazione atomica simile a quella di domenica sul centro della capitale «potrebbe annientarla" devastando un’area due volte e mezza quella di Hiroshima ma con un popolazione di ben 10 milioni di abitanti.

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