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Il grano e il cielo, il genio di Van Gogh

di Nicoletta Castagni

VICENZA - La nascita e la formazione del genio di Van Gogh attraverso 43 meravigliosi dipinti e 86 straordinari disegni: è la grande mostra allestita dal 7 ottobre all'8 aprile negli spazi della Basilica Palladiana di Vicenza. In primo piano, un focus mai fatto prima d'ora dei cinque anni di permanenza in Olanda, quando il dolore e la disperazione del vivere diventano per l'artista le uniche modalità dell'esistenza, da cui però scaturiranno le sue immagini, le sue visioni, il suo colore.

Con il titolo 'Van Gogh. Tra il grano e il cielo', l'importante esposizione segna il ritorno di Marco Goldin a Vicenza con una selezione strepitosi capolavori, resa possibile grazie all'apporto decisivo di quello scrigno vangoghiano che è il Kroller-Muller Museum in Olanda e ai prestiti concessi da una decina di musei internazionali. La mostra, "con un taglio del tutto diverso rispetto ad altre che ho curato su o attorno a Van Gogh negli ultimi quindici anni - sottolinea lo storico dell'arte - studia dapprincipio, e in modo approfondito, i cinque anni della permanenza olandese dell'artista, nel Brabante, da Etten nella primavera del 1881 fino all'autunno del 1885 a Nuenen. Ma anche i mesi meravigliosi trascorsi nell'autunno del 1883 nella regione del Drenthe, quella più amata dai paesaggisti olandesi e nella quale Van Gogh realizza alcuni fogli di squisita eleganza".

Il percorso espositivo ideato dal curatore punta proprio a "fare entrare nel laboratorio dell'anima di Van Gogh, in quel luogo segreto, solo a lui noto, nel quale si sono formate le sue immagini. Spesso nella condivisione dei temi in primo luogo con Jean-Francois Millet e poi con gli artisti della cosiddetta Scuola dell'Aia, una sorta di versione olandese della Scuola di Barbizon". Dando grande spazio al disegno, da cui Van Gogh partì quando decise di votarsi interamente all'arte, al modo dei celebrati maestri dell'antico. Ma la mostra, dopo l'inedito approfondimento sugli esordi olandesi, proseguirà con i dipinti più famosi del maestro, per far comprendere quanto quella lunga formazione da autodidatta sia stata in realtà l'"indispensabile grammatica, della mano e dello spirito, per accendere quel colore nuovo che Van Gogh ha fatto vibrare come luogo di un cuore turbato e di un'anima lacerata".

Una profondità di indagine e ricerca che si riverserà in qualunque tipo di immagine prenda corpo sulla tela, dagli interni dei ristoranti parigini ai ritratti, dalle nature morte al ponte levatoio appena fuori Arles, fino agli ulivi di Provenza o ai campi di grano ad Auvers. Ecco dunque sfilare nella Basilica Palladiana i quadri più conosciuti del periodo parigino e di quello provenzale, tra Arles e Saint-Remy, e dei 70 giorni conclusivi della sua vita a Auvers-sur-Oise, dove morirà alla fine di luglio del 1890.

Protagonista è sempre più la natura, diventa il luogo della sua tormentata interiorità, uno "spazio - conclude Goldin - riempito di colori, di visioni, di sogni, di urla e di strepiti. Di sospiri e respiri singhiozzanti, di improvvise e così brevi accensioni di felicità. Quello spazio che solo Van Gogh, prima e poi, ha saputo dipingere in questo modo".

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