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Hans Hartung, i polittici astratti

PERUGIA - Sedici grandi dipinti e 40 lavori su carta di Hans Hartung, tra i protagonisti dell'astrazione del secondo '900, sono al centro di una mostra allestita dal 24 settembre al 7 gennaio negli spazi della Galleria Nazionale dell'Umbria, a Perugia. Realizzati tra il 1961 e il 1988 e intitolati Polyptiques, gli oli monumentali sono qui esposti per la prima volta tutti insieme come serie e affiancati ai capolavori di Duccio, Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Piero della Francesca, Perugino, tesori dell'arte custoditi nella pinacoteca.

È stata proprio la presenza nel museo perugino di meravigliosi polittici dei maestri più celebrati del XV e XVI secolo a suggerire l'idea di questa mostra intitolata appunto 'Polittici' e messa a punto in collaborazione con con la Fondation Hartung-Bergman di Antibes. A curarla, il direttore della Galleria Marco Pierini, che è riuscito a portare a Perugia anche sei dipinti della serie mai esposti prima, in un'operazione critica che ha costituito lo spunto per la riscoperta di queste opere di Hartung quale nucleo omogeneo. Al pari di quelli antichi, i suoi 'polittici' si articolano infatti in elementi distinti, fissati in sequenza, sebbene senza alcuna gerarchia fra le immagini, ma solo in scansione ordinata nello spazio.

I 'Polyptique', spesso così identificati dallo stesso Hartung sul retro delle opere, sono nati agli inizi degli anni '60, quando l'artista ha iniziato a dipingere direttamente sulla tela senza prima concepire l'opera su carta. Un periodo questo in cui Hartung ha sperimentato nuove tecniche, prima dilatando i formati, poi, costretto sulla sedia a rotelle, giungendo a realizzare i propri dipinti con l'aerografo.

L'iniziativa espositiva di Perugia si propone altresì di ripercorrere lo stretto legame di Hartung con l'Italia, risalente già alla prima metà del secolo, quando, in occasione del viaggio del 1926, oltre a visitare città come Venezia e Firenze, si lasciò affascinare dai paesaggi siciliani, in particolare dallo spettacolo naturale dell'Etna e dai templi della Magna Grecia. Ma è soprattutto con Venezia che Hartung ha intessuto un rapporto particolare, in virtù delle numerose partecipazioni alla Biennale, dal 1948 al 1984. Qui ha ricevuto nel 1960 il Leone d'oro, riconoscimento che dato nuovo impulso alla carriera del grande astrattista tedesco, naturalizzato francese, che in seguito, nel 1984, è voluto tornare sulla laguna per testimoniare una sua nuova fase creativa. Per l'occasione, Hartung portò una selezione di tele di grandi dimensioni, caratterizzate dagli sfondi realizzati con l'aerografo, sui quali era intervenuto con gesti ampi e decisi attraverso l'utilizzo degli strumenti più disparati, come una scopa di rami di ginestra intinta nella vernice nera.

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