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Si sciolgono i ghiacciai dell'Alaska, l'allarme dei ricercatori: "Producono gas serra"

ROMA. Si sta sciogliendo il permafrost dell’Alaska, il terreno sempre ghiacciato da millenni che si estende per centinaia di metri di profondità sotto la tundra artica. Questo porta a un aumento delle emissioni di gas serra, attraverso la decomposizione degli antichi alberi, non più congelati nel ghiaccio, un processo che produce metano o anidride carbonica. L’allarme viene da due ricerche distinte, di cui riferisce il New York Times sul suo sito.

I ricercatori del Woods Hole Research Center statunitense hanno studiato la tundra a nord di Bethel, piccola località 500 km a sud del Circolo polare artico. Hanno prelevato carote del terreno, per studiare fino a dove scende il permafrost e cosa contiene. «C'è una quantità colossale di carbonio nel terreno, che si è accumulata lentamente nel corso dei millenni - spiega Max Holmes del Woods Hole -. Finora è stata in un congelatore, ma ora questo congelatore si sta trasformando in un frigorifero».

I ricercatori hanno scoperto che l’aumento delle emissioni è stato così significativo che l’Alaska potrebbe trasformarsi da deposito di carbonio in produttore netto. E lo stesso potrebbero fare anche altri territori sub-artici, come la Siberia e il Canada. Lo scioglimento di questo terreno ghiacciato potrebbe alzare la temperatura della Terra di 1 grado.

A Bethel, le temperature medie sono aumentate di quasi 2 gradi dalla metà del Novecento. Il permafrost superficiale comincia a sciogliersi d’estate, spaccando le strade e pregiudicando la stabilità degli edifici.

Per la ricercatrice Sue Natali, «se il permafrost che si decompone è bagnato, c'è meno ossigeno disponibile per i microbi, così producono più metano. Se il permafrost è secco, la decomposizione produrrà più anidride carbonica».

Per Vladimir Ramonovsky dell’Università dell’Alaska, le temperature del permafrost a 20 metri di profondità sono aumentate negli ultimi decenni di 3 gradi. Negli strati superficiali, le temperature sono passate da -8 a -3.

«Meno 3 non è così lontano da zero - osserva Ramonovsky -. Se le emissioni e il riscaldamento continueranno di questo passo, la temperatura superficiale salirà sopra il punto di congelamento intorno alla metà del secolo».

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