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Immigrati 'flessibili' fronteggiano la crisi più degli italiani

 Gli imprenditori immigrati in Italia sono più 'flessibili' e così sono stati in grado di fronteggiare meglio la crisi rispetto agli autoctoni. Negli anni più bui infatti (2011-2015), come segnala un recente report della Direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, a fronte di un calo di imprese italiane di quasi il 3% ha corrisposto una vera impennata di aperture per le imprese condotte da immigrati: +21% con un saldo complessivo di -0,9%. Ma una buona notizia arriva intanto per tutti da Unioncamere-Infocamere: tra aprile e giugno 2017, sono fallite 3.008 imprese, contro le 3.537 del corrispondente periodo del 2016 con una frenata del 15% che segna una conferma del risultato dello scorso anno, quando si era già registrato un -3% rispetto al 2015.
    Tornando al report di Intesa è facile pensare alle centinaia di minimarket alimentari, ai negozi cinesi o agli angoli di kebab che spuntano nelle città. E infatti è soprattutto nei 'servizi' che tira l'imprenditoria straniera, con una forma giuridica che è quella dell'impresa individuale e scarso capitale. Ma è altrettanto vero che questo genere di attività ha saputo affrontare meglio le difficoltà dei consumi interni ridotti all'osso. Magari con politiche di abbattimento dei prezzi che hanno comunque fatto incrementare le vendite.
    Dalla ricerca a firma da Arrighetti, Foresti, Fumagalli e Lasagni, risulta così che tra il 2011 e il 2015) "una riduzione complessiva dello 0,9% delle imprese presenti è la sintesi di una contrazione del 2,9% delle imprese italiane e di un aumento del 21,3% delle imprese fondate da migranti".
    Lo studio analizza nel periodo 2012-2015 le performance economico-finanziarie aziendali e il posizionamento competitivo di un campione di oltre 135 mila imprese del manifatturiero e di alcuni servizi più aperti al mercato (alloggio e ristorazione, servizi alle imprese, ICT, trasporti e logistica). Da tempo, in Italia, - spiega lo studio - l'imprenditoria straniera costituisce una quota significativa dell'offerta imprenditoriale e una componente rilevante della demografia industriale. Negli anni recenti e soprattutto durante la Grande Recessione il fenomeno si è ulteriormente rafforzato: a fine 2015 la quota delle imprese condotte da imprenditori immigrati aveva raggiunto il 9,1% del totale. L'insieme delle evidenze disponibili mostra, in sintesi, che durante gli anni della Grande Recessione l'imprenditoria straniera ha assunto un ruolo e un peso relativo di importanza crescente, contrastando il ridimensionamento dei tassi di natalità delle imprese autoctone e ampliando e diversificando l'offerta di prodotti e servizi.
    Gli imprenditori stranieri in Italia provengono soprattutto dall'Est Europa (37,7%) e dall'Asia (32,8%), il 15,6% proviene dall'Africa, il 13,9% dall'America Latina. E 'producono' lavoro anche se a più basso 'reddito'. Ma il vero segreto del successo dell'impresa straniera è ad esempio in un +17,7% per quanto riguarda le vendite, +26,6% contro per l'occupazione e +37% contro +19,5% per quanto riguarda il totale attivo.
   

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