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Banderas punta il dito contro i selfie: triste invenzione, falsano la personalità

ISCHIA (NA). Come spesso capita quando ci si scontra con la malattia, la vita e l’ordine delle priorità si capovolgono.

Non sfugge alla regola Antonio Banderas, 57 anni il 10 agosto, colpito da un infarto a fine gennaio.

«Sono persino grato a questa malattia - confida l’attore, star di Ischia Global Fest in occasione del lancio di Black Butterfly di Brian Goodman in sala dal 13 luglio - non solo sto bene ma sono come rinato, sono rilassato, tranquillo, mi godo la vita, non mi faccio prendere dall’ansia della competitività. Il risultato è che lavoro persino di più ma ora dando, credo, la giusta importanza alle cose. Sono pieno di progetti, di voglia di fare, ma con l’energia di chi sa che deve convogliare le forze sulle cose che devi stare alla larga dagli errori che ti intossicano l’esistenza. Anche letteralmente: ad esempio non fumo più e sto decisamente meglio».

E’ a Ischia con la compagna olandese Nicol Kimpel e racconta la sua nuova vita.

«Hollywood? Il mio rapporto con il cinema americano non è cambiato in tutti questi anni, ho finito 3 mesi fa l’ultimo film lì, ma quello che è cambiato è il cinema stesso Hollywood è un non luogo, piuttosto è un brand, non c'è più bisogno di andare lì per lavorare. Io ad esempio dopo la separazione con Melanie non vivo più lì ma a Londra e torno quando serve. Il cinema si fa ovunque e si vede in mille modi. Quando mia figlia Stella vede i film sullo smartphone divento pazzo, come può apprezzare ad esempio la fotografia di uno Storaro? Resto un fan della sala, ma ammetto che ora si vedono più film di prima essendo tutto a portata di visione».

I cambiamenti della società, non solo quelli del suo mestiere, appassionano Banderas che ne parla senza badare agli orari dettati dai publicist. Assediato anche a Ischia dalle richieste di foto (giornalisti inclusi) asseconda il trend ma scuote la testa:

«I selfie? La più triste invenzione contemporanea. Non lo dico per fare l’uomo di altri tempi ma perché esaltano egocentrismo e falsano la personalità».

Nel thriller psicologico Black Butterfly, interpretato con Jonathan Rhys Meyers (prodotto da Ambi, in sala per Notorius) interpreta un misterioso scrittore in cerca di nuova linfa creativa, con una storia «che senza svelare sorprese, racconta l'ambiguità tra l’essere e l’apparire».

In America non si è mai sentito, racconta, «un emigrante neppure di lusso. Sono stato sempre trattato da star, forse perché non c'era ancora Trump - ironizza - ma le migrazioni sono l’emergenza di questi anni e anziché alzare muri si potrebbe ragionare per risolvere, aiutando davvero chi ha necessità di andare via per la povertà. Ai politici non interessa davvero, hanno bisogno di risultati immediati che si trasformino in voti e consenso, invece qui ci vorrebbe un nuovo piano Marshall».

Dall’esordio nel 1982 con Labirinto di passioni di Pedro Almodovar, Banderas ha fatto ben 104 film, diventando una star in America nei primi anni Novanta anche con capolavori come Philadelphia di Jonathan Demme. Quest’anno ricorrono i 30 anni di Donne sull'orlo di una crisi di nervi, il film che lo consacrò nella seconda metà degli anni '80 come il sexy talentuoso divo spagnolo. Sarà per questo che alla domanda sui suoi film del cuore, Banderas risponde così: «i 7 film con Pedro».

E’ un grande cinefilo e le sue passioni sono Kubrick e Fellini, per quest’ultimo va pazzo.

«Ogni volta che arriva in casa un ospite chiedo: conosci Amarcord? Così ho la scusa per rivederlo, lo conosco a memoria. Adoro quel cinema».

Sotto contratto con la Ambi di Andrea Iervolino e Monika Bacardi, Banderas ha in programma diversi film: dopo Black Butterfly sarà Lamborghini nell’omonimo film con Alec Baldwin - Enzo Ferrari in preparazione da Michael Radford, il regista inglese che lo ha diretto nell’inedito La musica del silenzio scritto da Andrea Bocelli in sala il 18-19 e 20 settembre.

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