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A Paternò sequestro da 10 milioni per caporalato: tra i primi in Italia

CATANIA. Beni per 10 milioni di euro riconducibili a un imprenditore agricolo di Paternò accusato di 'caporalato' sono in corso di sequestro da parte di personale della Direzione investigativa antimafia di Catania, diretta da Renato Panvino.

Il provvedimento, emesso dal Tribunale etneo su proposta del direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, è uno dei primi del genere eseguiti in Italia. Secondo l'accusa l'uomo avrebbe reclutato manodopera romena a basso costo per l'impiego in lavori nelle campagne del catanese.

Al centro delle indagini della Dia di Catania l'attività di un imprenditore agricolo gravemente indiziato di aver costituito un'associazione, operante a Paternò e in Romania, per il reclutamento di manodopera romena da impiegare come braccianti in assenza delle garanzie minime di tutela spettanti ai lavoratori, secondo le forme e modalità del cosiddetto 'caporalato'.

Il patrimonio sequestrato comprende un'impresa individuale ed una società operanti nel settore agricolo, rapporti bancari, numerosissimi immobili ubicati tra la provincia di Catania e Messina e una decina di automezzi, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro.

Nei giorni scorsi una serie di operazioni contro il caporalato hanno coinvolto alcune province del sud fra cui Ragusa. Tre gli arresti e 11 gli indagati. I lavoratori sfruttati nel ragusano provenivano dalla Nigeria e dalla Romania e hanno raccontato di aver raggiunto l'Italia alla ricerca di migliori condizioni di vita, trovandosi però a lavorare dalle 6 del mattino fino alle 19 di sera, percependo un compenso di 25 euro giornalieri, appena sufficienti per "comprare da mangiare e acquistare qualche vestito".

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