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Sul New York Times "Tutte le bugie di Trump": "Una menzogna al giorno"

Donald Trump - Fonte Ansa

NEW YORK. I detrattori hanno già coniato da tempo l’espressione 'The liar in chief', il bugiardo al comando. Ora il New York Times ha catalogato in maniera dettagliata tutte le «palesi bugie» che Donald Trump avrebbe detto dal suo insediamento alla Casa Bianca. Il risultato è quello di «una menzogna al giorno nei soli primi 40 giorni». Non scordando come l’ascesa politica del tycoon sia stata costruita proprio su una tesi palesemente falsa: quella secondo cui Barack Obama non è nato in America.

La guerra senza esclusione di colpi tra i media e il presidente Usa, dunque, non si placa. E il Times, più volte accusato da Trump di essere un giornale «fallimentare», si toglie un sassolino dalla scarpa.

Intanto il tycoon torna ad attaccare il suo predecessore, dopo le ultime rivelazioni del Washington Post sulla lunga mano di Vladimir Putin sulle presidenziali americane: "L'amministrazione Obama - scrive su Twitter - sapeva prima dell’8 novembre 2016 dell’intromissione della Russia nelle elezioni. Ma non ha fatto nulla. Perché?».

Quella di Trump viene definita dal Nyt una situazione «senza precedenti per un presidente degli Stati Uniti». Perché se tutti i 'Commander in chief' hanno sempre cercato di nascondere qualche verità, «nessun altro presidente ha cercato di creare un’atmosfera nella quale la verità diventa di fatto irrilevante». E la propensione di Trump a sostenere tesi false o a parlare di eventi persino inventati (già oggetto di studio da parte di fior di esperti e psicologi) è inevitabilmente diventata un aspetto centrale del Russiagate: l’ultima grossa bugia elencata dal Times è infatti quella con cui il presidente Usa su Twitter ha lasciato credere l’esistenza di registrazioni dei suoi colloqui con l’ex capo dell’Fbi James Comey, da lui clamorosamente silurato. Salvo poi a distanza di settimane scrivere, sempre su Twitter, che lui quelle registrazioni non le ha.
Il risultato di tutto ciò, conclude il Nyt, è un chiaro aumento della sfiducia nell’opinione pubblica americana: per circa il 60% degli americani, infatti, il presidente non sarebbe onesto. Senza contare il discredito a livello internazionale.

Ripercorrendo il lunghissimo elenco fatto dal quotidiano newyorchese - che giorno per giorno copre il periodo dal 21 gennaio al 21 giugno - si passa da numeri palesemente gonfiati a tesi del tutto infondate e senza prove: come i milioni di voti illegali per colpa dei quali il tycoon avrebbe perso il voto popolare o l’affermazione che Obama lo avrebbe intercettato nella sua sfarzosa dimora in cima alla Trump Tower.

Più di recente si registra l’affermazione che l’accordo di Parigi sul clima è vincolante per gli Stati, per giustificare lo strappo degli Usa. Ci sono poi gaffe già entrate nella storia, come il fantomatico attacco terroristico in Svezia. O l’affermazione alquanto vanitosa di essere il personaggio finito più volte sulla copertina di Time: peccato che il primato per ora appartenga a Richard Nixon. E solo 'grazie' allo scandalo del secolo, il Watergate

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