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Cresce il divario economico nord-sud: nel Mezzogiorno quasi uno su due a rischio povertà

VENEZIA. In questi ultimi anni di crisi, il divario economico e sociale tra il Nord e il Sud del Paese è aumentato. Lo ricorda l'Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha messo a confronto i risultati registrati da quattro indicatori: il Pil pro capite, il tasso di occupazione, il tasso di disoccupazione e il rischio povertà o esclusione sociale.

In termini di Pil pro-capite, ad esempio, se nel 2007 (anno pre-crisi) il gap tra Nord e Sud era di 14.255 euro (nel Settentrione il valore medio era di 32.680 euro e nel Mezzogiorno di 18.426), nel 2015 (ultimo dato disponibile a livello regionale) il differenziale è salito a 14.905 euro (32.889 euro al Nord e 17.984 al Sud, pari ad una variazione assoluta tra il 2015 e il 2007 di +650 euro).

Al Sud le variazioni percentuali più negative si sono registrate in Sardegna (-2,3%) in Sicilia (-4,4), in Campania (-5,6) e in Molise (-11,2). Buona, invece, la performance della Basilicata (+0,6 per cento) e della Puglia (+0,9). Sul fronte del mercato del lavoro, invece, le cose non sono andate meglio.

Se nel 2007 il divario relativo al tasso di occupazione era di 20,1 punti a vantaggio del Nord, nel 2016 la forbice si è allargata, registrando un differenziale di 22,5 punti percentuali (variazione +2,4%). Nella graduatoria regionale spicca la distanza tra la prima e l'ultima della classe. Se l'anno scorso la percentuale di occupati nella Provincia autonoma di Bolzano era pari al 72,7%, in Calabria si attestava al 39,6 (gap di oltre 33 punti).

La divaricazione più importante, tuttavia, emerge dalla lettura dei dati relativi al tasso di disoccupazione. Se nel 2007 era di 7,5 punti percentuali, nel 2016 è arrivata a 12 (gap pari a +4,5%). Sebbene tutte le regioni d'Italia abbiano visto aumentare in questi ultimi nove anni la percentuale dei senza lavoro, spiccano i dati della Campania e della Sicilia (entrambe con un +9,2%) e, in particolar modo, della Calabria (+12).

Anche in materia di esclusione sociale, la situazione è peggiorata. Se nel 2007 la percentuale di popolazione a rischio povertà nel Sud era al 42,7%, nel 2015 (ultimo dato disponibile a livello regionale) è salita al 46,4. In pratica quasi un meridionale su due si trova in gravi difficoltà economiche. Al Nord, invece, la soglia di povertà è passata dal 16 al 17,4%. Il gap quindi è aumentato in questi 8 anni di 2,2 punti percentuali.

"Il Mezzogiorno - afferma il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - ha delle potenzialità straordinarie ed è in grado di contribuire al rilancio dell'intera economia del Paese. "bisogna tornare a investire per ammodernare questa parte del Paese - aggiunge - che, purtroppo, presenta ancora oggi delle forti sacche di disagio sociale e di degrado ambientale che alimentano il potere e la presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. A nostro avviso, inoltre, bisogna riprendere in mano il tema del federalismo fiscale".

Per gli Artigiani di Mestre, oltre a tutto ciò, è necessario rendere più efficiente la Pubblica amministrazione del Mezzogiorno. Come ha dimostrato uno studio della Commissione europea - che ha monitorato la qualità dei servizi pubblici ricevuti, l'imparzialità con la quale vengono assegnati e il livello di corruzione - tra le 206 regioni d'Europa prese in esame, sette realtà territoriali del Mezzogiorno si collocano nelle ultime 30 posizioni: la Sardegna al 178° posto, la Basilicata al 182°, la Sicilia al 185°, la Puglia al 188°, il Molise al 191°, la Calabria al 193° e la Campania al 202° posto.

"Con una Pubblica amministrazione di questo livello - segnala il segretario della Cgia Renato Mason - gli effetti negativi si fanno sentire anche nel privato. E il Sud d'Italia, tra tutti i Paesi monitorati, è tra le realtà dove questa relazione è più evidente. Pertanto, il Sud si rilancia anche rendendo più efficienti i servizi offerti dagli enti locali".

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