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Al dente, di qualità e legata al sugo: come deve essere la pasta per gli italiani

TRENTO. Gli italiani amano la pasta, la mangiano praticamente tutti e hanno le idee chiare sui fattori chiave per la qualità, così come su che cosa non deve succedere quando la cucinano e quando arriva nel piatto.

Lo dice un’indagine Doxa, commissionata dall’Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiani), che ha diffuso i dati nello stabilimento Felicetti di Predazzo, in Trentino, col presidente dei Pastai dell’Aidepi, Riccardo Felicetti, prima tappa di una campagna informativa che toccherà anche centro e sud del Paese. A mangiarla, emerge dalla ricerca. sono il 99% degli italiani e per il 46% è l’alimento preferito da consumare ogni giorno.

Tre i fattori chiave più segnalati da cui percepiscono la qualità: deve restare al dente e tenere bene la cottura (77%), dev'essere fatta con grano di qualità (68%), si deve legare perfettamente al sugo giusto (60%).

Conta molto l’origine del grano: in una scala di 10, conta 8,9 che sia italiana e 8,8 che sia di qualità, indipendentemente dall’origine, ma anche l'abilità dei pastai (8,4).

All’opposto ci sono i cinque principali «incubi» che gli italiani non sono disposti ad affrontare: si rompe (66%), si attacca (59%), i tempi di cottura indicati sulla confezione sono sbagliati (37%), condendola risulta esserci poco sugo (36%), la porzione è insufficiente (32%).

La ricerca e la campagna informativa sono state pensate proprio per il 2017, nei cinquant'anni della 'Legge di purezza della pastà, unica normativa al mondo voluta dai produttori che, fissandone i limiti qualitativi, garantisce l’eccellenza di questo piatto simbolo.

«Da allora - spiega Felicetti - chiunque in Italia produca pasta destinata al mercato nazionale s'impegna a usare impasti preparati esclusivamente con semole (o semole integrali) di grano duro e acqua, senza ricorrere ad alcun additivo. Altrove non è così: in molte parti del mondo si usa il grano tenero, che dà una pasta diversa per consistenza e tenuta in cottura. Ma ci sono anche altri limiti - sottolinea - a garanzia della qualità del nostro prodotto simbolo. Per esempio, il colore, o il livello minimo di proteine e la qualità del glutine per trattenere l’amido e permettere quindi la proverbiale tenuta 'al dente'. Per la legge di purezza, nella pasta italiana, il tenore proteico deve essere almeno il 10,5%. Ma i valori della pasta italiana sono decisamente più alti».

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