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La legge elettorale incassa il primo sì, oggi approda in Aula: polemica su accordo Pd-M5s

ROMA. Il patto "granitico" tra i quattro partiti che sostengono la legge elettorale, supera il primo passaggio parlamentare, con l'approvazione da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera e l'approdo in Aula oggi alle 12.

Un patto che lascia stupefatti i bersaniani che dopo aver inseguito M5s a inizio legislatura si vedono spiazzati dall'accordo di Grillo con Renzi, oltre naturalmente con Berlusconi e Salvini. E infatti la polemica di Mdp è forte soprattutto con M5s, mentre tutti i piccoli partiti si preparano a dar battaglia in Aula per tentare di non far approvare in settimana la riforma e rallentare la corsa ad urne anticipate: corsa contro cui si schiera anche la presidente Laura Boldrini come domenica il presidente del Senato Pietro Grasso.

Ieri, nel primo pomeriggio la Commissione Affari costituzionali, guidata da Andrea Mazziotti, ha approvato il testo del relatore Emanuele Fiano, con le modifiche concordate da Pd, Fi, M5s e Lega, in un patto che proprio Mazziotti ha definito "granitico".

In effetti il "lodo" proposto nei giorni scorsi da Fiano, e cioè che sarebbero state portate avanti solo modifiche concordate da tutti e quattro i partiti, ha retto bene. Anche perché, avverte Renzi dalla Enews, "non sono possibili altre leggi elettorali, purtroppo".

Durante i lavori della Commissione Mdp con Alfredo D'Attorre ha costantemente attaccato i pentastelalti più che il Pd, e altrettanto hanno fatto altri esponenti bersaniani, accusando di "inciucio" il Movimento di Grillo, che ha replicato con Luigi Di Maio, Danilo Toninelli. Mdp ha attaccato anche il Pd, e i Dem hanno a loro volta rinfacciato con Ettore Rosato ai bersaniani di non aver fatto nulla per cambiare il Porcellum quando guidavano il Pd. Sia Rosato che Fiano hanno insistito non solo sulla validità della legge, con la sua soglia al 5%, ma soprattutto sul fatto che essa venga sostenuta da un arco di forze che rappresenta l'80% di quelle presenti in Parlamento: quella larga maggioranza sollecitata dal presidente Mattarella.

Un passaggio che aiuta a "pacificare" il clima politico, hanno detto entrambi. Con un Renzi galvanizzato che blocca le polemiche su futuribili larghe intese invitando al voto utile: quello al Pd a scapito dei 'piccoli'. E Roberto Giachetti, responsabile riforme dei Dem, alle critiche di Rosy Bindi e Romano Prodi ha replicato: "Chi continua a sostenere che saremmo dovuti andare avanti con una legge di tipo maggioritario sostiene in realtà l'opzione dello status quo e cioè di un proporzionale puro".

Infatti se non passa la riforma di Fiano rimane l'Italicum che è un proporzionale puro con una soglia bassa, e allora addio governabilità. Gli altri piccoli sono furiosi perché vedono prossime le urne. Il testo Fiano, infatti, definisce già i collegi riferendosi a quelli del 1993 per il Mattarellum, e una volta approvata la legge non ci sarebbe bisogno di attendere che il governo li perimetri, allontanando così le elezioni.

I piccoli partiti (Des-Cd, Ci, Mdp, Si) sostengono che in questo la legge è incostituzionale perché il riferimento è il Censimento del 1991 e non l'ultimo, come impone la Carta. In aula sarà uno degli oggetti di polemica e anche di ostruzionismo. L'obiettivo è evitare l'approvazione in settimana nella speranza che M5s, se andrà male alle amministrative, si ritiri dal patto a quattro.

Contro le urne in autunno si sono pronunciati non solo Pierluigi Bersani ("è da irresponsabili"), ma anche Romano Prodi, che chiede di approvare prima la Legge di Bilancio, e la presidente della Camera Laura Boldrini: "non c'è automatismo tra approvazione della legge elettorale e urne anticipate". Ma in casa Dem si fa il discorso opposto: pensare di approvare la Legge di Bilancio con i piccoli pronti all'imboscata, questo sì è da irresponsabili.

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