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Fallimento di Sviluppo Italia Sicilia, i dipendenti a rischio

PALERMO. Sviluppo Italia Sicilia accelera la corsa verso il fallimento: il provvedimento del tribunale di Palermo è stato notificato ieri al commissario liquidatore Andrea Vincenti, scrive La Sicilia. Contestualmente è stato nominato il curatore fallimentare, l’avvocato Calogero Pisciotta.

Cadono nel nulla le speranze dei dipendenti che, oltre agli stipendi arretrati, attendono ancora di essere utilizzati nelle altre società partecipate della Regione, come il governo lo scorso anno aveva assicurato, attraverso l'inserimento dei lavoratori in uno specifico albo.
Un varco rimane in piedi: la Regione potrebbe presentare ricorso alla Corte d’appello. L’avvocato Vincenti ritiene «ci siano fondati motivi per proporre reclamo e ottenere nei termini di legge la revoca del fallimento». I debiti di Sviluppo Italia Sicilia ammontano a circa 9 milioni di euro.

“Si tratta di una sentenza che pone rilevanti interrogativi in ordine a eventuali responsabilità da parte degli amministratori nell’attività di gestione e controllo, ma ancor di più del socio unico Regione Siciliana”. Con queste parole lo studio legale Varisco-Fiore, commenta la sentenza della sezione Fallimentare del Tribunale di Palermo, che dichiara il fallimento di Sviluppo Italia Sicilia S.p.A.

“Dopo aver esperito ogni possibile tentativo giudiziale volto alla tutela e al recupero dei crediti vantati dai nostri assistiti (31 ex dipendenti), non avendo ottenuto un concreto riscontro in ordine a un tangibile piano di risanamento del debito, il ricorso per la dichiarazione di fallimento della società ha rappresentato l’extrema ratio” affermano i legali Simona Rizzo, Annunziata Falletta e Salvo Cangialosi.

Gli ex dipendenti di Sviluppo Italia Sicilia da ben 14 mesi non percepivano lo stipendio sebbene continuassero a garantire comunque la loro prestazione lavorativa alla società. E così, nell’ottobre del 2016, hanno richiesto l’assistenza dello studio legale Varisco-Fiore, al fine di tutelare le proprie ragioni. “Il deposito del ricorso è stata una scelta difficile, rigorosamente ponderata ma, purtroppo, divenuta inevitabile non solo al fine di garantire agli ex dipendenti il recupero parziale del TFR (trattamento di fine rapporto) e di alcune mensilità, ma anche assicurarne, per il proseguo, la gestione al Tribunale fallimentare” spiegano i legali.

Per gli avvocati Rizzo, Falletta e Cangialosi, dunque si apre un nuovo capitolo dell’annosa vicenda legata a Sviluppo Italia Sicilia, realtà che si occupava di misure a sostegno dell’autoimprenditorialità, considerata come “strategica” dal governo regionale, ma che dall’aprile del 2016 era stata posta in liquidazione volontaria dallo stesso socio unico Regione Siciliana, atteso che quest’ultimo non ha più garantito le commesse che le consentivano di “sopravvivere”. Una partecipata pubblica, dunque, priva di rischio di impresa, tuttavia, oggi, ingiustificatamente divenuta insolvente.

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