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Il cibo del futuro? E' nelle meduse: buone anche impanate

PALERMO. Meduse impanate, cavallette fritte, grilli in insalata. Il cibo del futuro. Un incubo? Per alcuni potrebbe esserlo. Se l’idea di avere questi piatti nelle nostre tavole fa un po’ rabbrividire, la realtà dimostra che più che cibo del futuro, è già quello del presente. Le cause? Il cambiamento climatico insieme alla voglia di sperimentazione. Di meduse, ad esempio i nostri mari ne sono pieni. Se si cominciassero a pescare per portarle nelle tavole, si potrebbe mettere insieme l’utile e il dilettevole. Non a caso, da poco Slow Fish ha lanciato un bel programma pubblicitario pro meduse.

«Visti i cambiamenti climatici e per i pochi predatori naturali, tartarughe e poche altre specie ittiche - ha spiegato Silvio Greco, biologo e presidente del comitato scientifico di Slow Fish che ha cucinato meduse fresche pescate assieme ad acciughe a Sestri Levante (Genova) - le meduse sono in pericolosa espansione nei mari del mondo, causando danni alle reti trofiche marine e al turismo balneare. Ma in pochi sanno che le meduse sono ricche di proteine e collagene, opportunamente private dei tentacoli urticanti, si prestano a realizzare piatti gustosi e sostenibili».Quindi, se la medusa è un problema in mare, a tavola potrebbe essere una pietanza gustosa. In tempera o in insalata, la discussione resta aperta. «Se sono culturalmente perplesso sul cucinare insetti o altro, le meduse mi incuriosiscono», dice Claudio Sadler, bistellato Michelin che ha fatto la storia della cucina milanese.

«Personalmente le ho assaggiate e non ho alcuna preclusione su una possibile idea di preparare dei piatti. Vero è che ci vuole conoscenza e tecnica di lavorazione. Vanno tolte le parti urticanti e cucinate nel giusto modo. A me ricordano i nervetti della tradizione culinaria milanese: dalla consistenza gelatinosa e pastosa. Il fatto che l’alta cucina possa guardare al nuovo cui noi per cultura non siamo abituati, potrebbe essere occasione di scoperta». Va più sul tradizionale, invece, lo chef Pino Cuttaia.

«Non sono contrario. È un’esplorazione del gusto. Ma è lontano dall’idea mia di cucina tradizionale, della nonna», dice il due stelle de La Madia di Licata. «L’idea di piatti fuori dal comune e nuovi è sicuramente stimolante. La continua ricerca porta oltre confine e apre scenari che vanno alla scoperta di ingredienti cui non siamo abituati. Bisogna però imparare a cucinarle e a lavorarle». Greco ha infatti spiegato: «La medusa è plancton, per lo più acqua.

Nel Sud Est asiatico è molto usata, specie in insalata. Le meduse però devono essere lavorate bene. Vanno prima sbollentate per eliminare letossine termolabili. Non a caso il rimedio migliore per chi viene ustionato in mare da una medusa è quello di appoggiare una pietra calda sulla parte dolente». E dà anche una ricetta. «Usate acqua calda con limone e aceto. Dopo 3-4 minuti togliete dal fuoco e mettetele nel ghiaccio. Preparate la pastella, meglio con tre farine, riso, fecola e 00, più acqua gassata e senza salare. Poi friggere a 170 gradi, fare dorare e servire». La discussione è aperta senza pregiudizi, all’insegna di una biodiversità non semplice da accettare.

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