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L'Iran verso il voto, Rohani favorito nei sondaggi

Hassan Rohani

TEHERAN. A un mese dall’apertura ufficiale della campagna elettorale per le presidenziali del 19 maggio in Iran, il confronto vero e proprio sembra essere partito soltanto oggi. Qualcuno la chiama «breve campagna dell’ultima settimana», secondo tradizione. Così gli scambi cominciano a delinearsi tra quelli che sono considerati i veri contendenti su sei candidati: il moderato riformista Hassan Rohani, presidente uscente, e il conservatore Ebrahim Raisi, custode del santuario dell’Imam Reza a Mashhad, ritenuto vicino alla Guida suprema, ayatollah Sayyed Ali Khamenei.

E mentre comincia il confronto, arrivano anche i primi sondaggi. Secondo quello diffuso oggi dall’Irna, i riformisti e moderati che fanno capo a Rohani sarebbero in vantaggio con il 41,8%. Meno di quanto raccolse Rohani nel 2013, quando fu eletto al primo turno con il 50,71% su oltre 36 milioni di votanti. Il consenso dichiarato per i conservatori, che fanno capo a Raisi, è invece del 23,3%. Il resto degli intervistati si è dichiarato ancora indeciso. In ogni caso, qualora non si superi la soglia del 50%, si tornerà alle urne per il ballottaggio il 26 maggio.
Il sondaggio, condotto in città capoluogo di 31 province iraniane, ha preso in esame anche l’astensionismo: il 67% degli aventi diritto andrà a votare (con un trend crescente del 3% rispetto alla scorsa settimana), mentre il 16,2% ha dichiarato di non aver ancora deciso se recarsi o meno alle urne.

Con queste premesse, dunque, il confronto è cominciato. Parlando ieri sera a una platea di sostenitori che affollava lo stadio Azadi di Teheran, Rohani ha affrontato la prima grande manifestazione elettorale di queste presidenziali, affermando che saranno una scelta tra «la pace e la tensione». Parole forti, che riportano alla mente tristi fatti non molto lontani nel tempo. Rohani ha parlato di «decisione storica» che dovrà essere presa dal popolo, «chiamato a scegliere se proseguire sulla via della pace o tornare indietro e scegliere la tensione». Il presidente ha quindi difeso la politica del suo governo, tesa all’apertura «costruttiva» nei confronti del resto del mondo. Per questo ha invitato il popolo iraniano a «fare in modo che «l'Iran non torni a essere isolato». Nello stadio gremito di sostenitori, spiccava la massiccia presenza di giovani, ritenuti dagli osservatori più inclini alla modernizzazione e, quindi, a dare fiducia a Rohani.

Ma dalla città di Shahrekord, capoluogo della regione di Chahar Mahaal-e Bakhtiari, è arrivato il contraccolpo di Raisi: "gli attuali governanti sentiranno presto il grido del popolo per la giustizia», ha detto, aggiungendo che bisogna «lasciare che la gente provi la giustizia sociale». Ma Raisi è tornato anche sul punto chiave di questa campagna elettorale, attaccando l'accordo sul nucleare. «E' stata la potente presenza sulla scena della gioventù a togliere l’ombra della guerra - ha affermato - e non un contratto che questi signori hanno firmato».

Intanto, sempre oggi, è ricomparso sulla scena l’ex presidente riformista Mohammad Khatami che, in un video diffuso su canali web e social, ha invitato a votare Rohani.

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