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L'ultimo eroe del sorpasso,
i 35 anni senza Villeneuve

Gilles Villeneuve

PALERMO. C’era Gilles, sì. C’era una volta Gilles Villeneuve, come nelle favole. Perchè l’Italia che fra la fine dei Settanta e l’inizio degli Ottanta fu travolta dalla febbre Villeneuve, credeva di vivere un sogno.

L’idea romantica che i don Chisciotte hanno ragione e possono farcela, che fare le cose perchè si sente dentro una voce che ci spinge sia possibile malgrado la diffidenza del mondo che ci circonda. Anche se poi non si vince, anche se serve solo per un’emozione forte, un brivido veloce, una corsa contro il destino.

Gilles Villeneuve è stato tutto questo. È stato innanzitutto la sfida di Enzo Ferrari al mondo: abbandonato dal principe Niki Lauda alla fine del ’77, il Drake urlò che non sarebbe stato un altro campione a fare grande la Rossa ma il Cavallino a portare alla gloria un giovane talento.

Gilles salì su quella macchina lì, correva più forte di tutti ma poi sbatteva, rompeva semiassi, cambi, motori e non vinceva mai. Però la gente, che prima si chiedeva chi fosse, ora lo amava. Perchè prima di ogni sconfitta c’era un sorpasso, un duello, una curva da cuore in gola, un arrivo su tre ruote, un capolavoro da portarsi a casa e ricordare per sempre. La gente capì Gilles.

Uno che voleva solo andare più veloce, sentire il vento in faccia, cercare il proprio limte e non accettarlo mai. Le vittorie? Un’altra volta, prima o poi, ci sarà tempo mentre adesso è ora di divertirsi. E quindi oggi ricordiamo più un sorpasso che un trionfo. Provate a chiedere a chi ha un po’ più di quarant’anni cos’è Digione: vi risponderà il duello a ruotate con Arnoux, valeva il secondo posto ma è passato alla storia togliendo la ribalta alla prima vittoria di un motore turbo che arrivò quello stesso giorno del ’79.

Chiedete a chi lo ha visto dal vivo cosa è stato il sorpasso all’esterno su Alan Jones alla curva Tarzan di Zandvoort e fatelo vedere a chi oggi ragiona di scie, traiettorie, aerodinamica e forza G laterale che impedisce i sorpassi. E se avete meno di quarant’anni, digitate tutto questo su youtube e capirete.

Gilles era l’impossibile che, a volte, diventava realtà. Dicevano che non avrebbe vinto mai niente. Ma nel 1979 rinunciò al Mondiale per lealtà verso Jody Scheckter: credeva che per lui ci sarebbero state altre chances e non volle rompere un patto siglato a metà stagione. Invece il tempo stringeva e a ogni incidente, ogni volta che veniva fuori da un’auto accartocciata dopo aver provato un altro sorpasso impossibile, il mondo non si accorgeva del presagio.

Il mondo lo credeva invincibile, come gli eroi delle favole. E intanto lui correva, inseguendo vittorie, incontro al destino. Perchè gli eroi devono farci innamorare e soffrire. Gli era rimasto il tempo di portare la Ferrari alla prima vittoria col motore turbo a Montecarlo, maggio 1981. E di vincere la gara più bella della storia recente, a Jarama: 50 giri in testa guidando la macchina più lenta e respingendo gli attacchi di altri 4 piloti.

Poi il tempo è finito. Anche se quel 1982 Gilles era certo sarebbe stato il suo anno. Invece ha cominciato a morire il 25 aprile nel duello fratricida di Imola col compagno Pironì: lì questo eroe moderno capì che non viveva più in una favola. Forse non lo aveva capito il mondo che lo guardava, continuava a chiedergli di spingere, superare, stupire. E per questo non ci fu il tempo di salvarlo. Zolder era troppo vicina.

La rabbia dentro per il tradimento di Imola e il destino alla curva del Terlamenbocht. Lì tutto si è fermato. Il resto sono le lacrime di Enzo Ferrari e il risveglio della gente da un sogno: c’era Gilles, sì in quella favola senza lieto fine, come la vita a volte. Frasi che diciamo con un nodo alla gola, una lacrima trattenuta a stento ancora oggi, un ricordo che riaffora sempre ogni volta che riconosciamo una curva dove ha sorpassato lui.

Il tempo che passa distrugge e il mondo che resta di solito dimentica. Però da 35 anni ogni 8 maggio alle 13,52 c’è sempre qualcuno che pronuncia ancora quel nome: c’era Gilles, sì Gilles Villeneuve, era il 1982, me lo ricordo, sembra ieri.

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