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In Italia 8 su 10 cercano lavoro tramite amici e parenti

ROMA. L'Italia continua ad essere un paese di "raccomandati" o almeno di "segnalati", con una buona percentuale di intraprendenti che si presentano direttamente dal datore di lavoro.

Nonostante la creazione di centri per l'impiego e l'istituzione dell'Anpal (la nuova agenzia per il lavoro istituita con il Jobs Act), la stragrande maggioranza di chi è disoccupato continua ad affidarsi alla rete di amici, parenti e conoscenti per trovare lavoro mostrando poca fiducia nelle strutture pubbliche.

Secondo i dati Eurostat, nel 2016, l'84,4% di chi cercava lavoro si è rivolto a parenti e amici, a fronte di appena il 25,6% che si è rivolto a un centro pubblico per l'impiego. Nel 2015 la percentuale di chi si rivolgeva alla rete familiare era l'84,8%, in sostanziale stabilità rispetto al dato del 2016.

Più preoccupante invece il calo di chi si è rivolto a un centro pubblico per l'impiego, percentuale passata dal 28,2% del 2015 al 25,6% nel 2016. Se è ancora presto per parlare di fallimento dell'Anpal, operativa dallo scorso anno, di certo il calo evidenzia un'ulteriore perdita di fiducia di chi cerca lavoro verso le capacità del sistema pubblico di mettere in contatto domanda e offerta.

La percentuale italiana di chi si rivolge a parenti o amici - segnala l'Eurostat - è superiore alla media Ue (70,7%) e più che doppia rispetto a quella tedesca (40,4%) dove invece il sistema pubblico funziona decisamente meglio con un 75,6% che cerca lavoro attraverso i centro pubblici per l'impiego (la media europea è al 46,2%).

Scarsa la fiducia anche sulle possibilità di trovare lavoro tramite le agenzie private con appena il 15,2% che vi si rivolge contro il 24,2% nell'Ue a 28. Significativa la percentuale di chi cerca di arrangiarsi presentandosi direttamente al datore di lavoro (il 69% di coloro che cerca impiego) con una percentuale nettamente superiore a quella europea (60,6%) e soprattutto della Germania (21,6%).

Quasi due terzi delle persone che cercano impiego studiano gli annunci sui giornali (il 64,5%) mentre solo il 31,3% dichiara di rispondere agli annunci o addirittura di pubblicarne (42,8% la media Ue).

Il 24,3% sostiene di aver fatto esami, test o interviste (16% la media Ue) mentre l'1% dichiara di aver cercato permessi, licenze o aiuti finanziari. Solo il 4% ha usato metodi "altri" rispetto a quelli considerati dall'Eurostat.

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