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"Una palermitana reclutava i malati per Vannoni": fino a 27 mila euro per curarsi in Georgia

Davide Vannoni

PALERMO. C'è anche una palermitana tra i sette indagati coinvolti nell'inchiesta sul metodo Stamina, per la quale ieri è stato fermato e portato in carcere "per pericolo di fuga", Davide Vannoni, padre della terapia.

Ad essere indagata è la signora Rosalinda La Barbera, mamma di una bimba affetta da una gravissima patologia e da anni paladina del diritto di poter scegliere anche Stamina. Ieri gli agenti hanno perquisito anche la sua casa in provincia di Palermo.

Sarebbe stata lei - secondo gli inquirenti - il "veicolo del reclutamento dei malati", in qualità di presidente di "Prostamina Life", associazione con sede a Roma. Pazienti "reclutati in Italia"e indotti a versare prima una specie di quota di iscrizione pari a 5 mila euro, e poi, a seconda dell'intensità del trattamento, fino a 27 mila euro.

In tutto sarebbero una cinquantina gli italiani che a Tbilisi, in Georgia, hanno sperato di combattere con Stamina le più terribili malattie neurodegenerative: dall'Alzheimer alla Sla e ad altre ancora.

Nel gruppo dei 7 "fedelissimi" di Vannoni c'è anche una biologa, Erica Molino, sua storica assistente (patteggiò 19 mesi di reclusione), indagata e oggetto di una perquisizione in provincia di Cuneo.

Vannoni è stato fermato ieri mattina dai carabinieri del Nas che sono andati nella sua casa di Moncalieri (Torino), spiegandogli che era in "stato di fermo" e lo hanno portato alle Vallette.

Sembra che fosse sul punto di partire per Santo Domingo: perché è lì - secondo gli investigatori - che intendeva riproporre la sua consueta "ricetta segreta" a base di cellule staminali. Per finanziarsi aveva da poco venduto la sua lussuosa Porsche.

E pensare che aveva deciso di smettere. O almeno così era parso. Il 18 marzo 2015 Vannoni uscì dal maxi processo di Torino patteggiando ventidue mesi di reclusione (con la condizionale) dopo avere rinunciato, come certificò il gup Potito Giorgio, a qualsiasi iniziativa di rilancio di Stamina.

Nell'estate del 2016, però, si scoprì che alcuni gruppi di italiani erano saliti in Georgia, al 'Mardaleishvili medical center' di Tbilisi, per sottoporsi alla metodica. I carabinieri e i pm Vincenzo Pacileo e Alessandro Aghemo accesero un faro e informarono il Ministero della Salute: a dicembre, una volta ricevuta la documentazione dall'Italia, il governo georgiano decretò lo stop.

La procura piemontese aprì un nuovo fascicolo ipotizzando l'associazione per delinquere (aggravata dalla transnazionalità), la truffa e la somministrazione di farmaci non conformi. Ma Vannoni continuò. Ai Nas risulta che avesse intrecciato dei contatti in Ucraina, in Bielorussia e persino in Georgia, dove forse sperava di tornare grazie a qualche appoggio in loco.

Ai primi di marzo i pm chiesero un ordine di custodia cautelare. Ieri, visto il "pericolo di fuga", sono entrati in azione con un decreto di fermo, senza attendere il tribunale.

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