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Disoccupazione, i vescovi: "È ancora emergenza nazionale, soprattutto tra i giovani e al Sud"

ROMA. "Nonostante la lieve inversione di tendenza registrata negli ultimi anni, il lavoro rimane un'emergenza nazionale. Per tornare a guardare con ottimismo al proprio futuro, l'Italia deve mettere il lavoro al primo posto". Lo afferma la Cei nel messaggio per il Primo Maggio, sottolineando il "tasso di disoccupazione ancora troppo alto", gli "8 milioni di persone a rischio di povertà, spesso a causa di un lavoro precario o mal pagato", i "più di 4 milioni di italiani in condizione di povertà assoluta".

"Tra le sfide che caratterizzano la nostra situazione constatiamo un tasso di disoccupazione ancora troppo alto (attorno al 12%, con punte vicine al 40% tra i giovani e vicino al 20% al Sud); 8 milioni di persone a rischio di povertà, spesso a causa di un lavoro precario o mal pagato, più di 4 milioni di italiani in condizione di povertà assoluta. Nonostante la lieve inversione di tendenza registrata negli ultimi anni, il lavoro rimane un'emergenza nazionale. Per tornare a guardare con ottimismo al proprio futuro, l'Italia deve mettere il lavoro al primo posto", scrive nel messaggio la Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro.

Al di là dei numeri, prosegue, "sono le vite concrete delle persone ciò che ci sta a cuore: ci interpellano le storie dei giovani che non trovano la possibilità di mettere a frutto le proprie qualità, di donne discriminate e trattate senza rispetto, di adulti disoccupati che vedono allontanarsi la possibilità di una nuova occupazione, di immigrati sfruttati e sottopagati".

Secondo i vescovi, "c'è prima di tutto una questione di giustizia. Se il lavoro oggi manca è perché veniamo da un'epoca in cui questa fondamentale attività umana ha subito una grave svalorizzazione. La 'finanziarizzazione' dell'economia con lo spostamento dell'asse degli interessi dal profitto derivante da una produzione in cui il rispetto del lavoratore era imprescindibile alla crescita dei vantaggi economici provenienti dalle rendite e dalle speculazioni, ha reso il lavoro quasi un inutile corollario".

Inoltre, "lì dove il lavoro ha continuato ad essere centrale nella produzione della ricchezza, non è stato difeso dallo sfruttamento e da tutta l'opacità cercata da chi ha voluto fare profitto senza rispettare chi gli ha consentito di produrre". Per la Cei, "non sarà possibile nessuna reale ripresa economica senza che sia riconosciuto a tutti il diritto al lavoro e promosse le condizioni che lo rendano effettivo (Costituzione Italiana, art.4). Combattere tutte le forme di sfruttamento e sperequazione retributiva, rimane obiettivo prioritario di ogni progresso sociale".

Va anche considerato che "il lavoro è sempre associato al senso della vita; come tale esso non può mai essere ridotto a 'occupazione'". "E' questo un tema quanto mai centrale oggi di fronte alla sfida della digitalizzazione che minaccia di marginalizzare l'esperienza lavorativa, oltre che causare la perdita di molti posti di lavoro", sottolineano i vescovi. La Cei pone quindi l'accento sul valore della "scuola, che è il primo investimento di una società che pensa al proprio futuro".

"Ugualmente importante - aggiunge - è il ruolo delle imprese che hanno una particolarissima responsabilità nel trovare forme organizzative e contrattuali capaci di valorizzare davvero il lavoro". Ancora, "è importante richiamare qui la questione dell'orario di lavoro e della armonizzazione dei tempi lavoravi e famigliari, tema non più rinviabile, visto l'elevato numero di donne che lavorano". Infine, "preme ricordare la promozione della nuova imprenditorialità, espressione della capacità di iniziativa dell'essere umano, via che può vedere protagonisti soprattutto i giovani".

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