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Tumori, tra le cause anche le mutazioni casuali del Dna

ROMA. Le mutazioni che avvengono in modo spontaneo e casuale nel Dna giocano un ruolo importante nel causare i tumori, confrontabile a quello dei fattori ereditari e dell’ambiente, intenso come esposizione a sostanze pericolose e stile di vita.

All’origine dei tumori non ci sono quindi solo due cause, come si riteneva finora, ma tre.

Lo dimostrano i dati epidemiologici raccolti su 32 forme di tumore in 69 Paesi e pubblicati sulla rivista Science.

Presentati in una conferenza stampa a Washington organizzata dalla stessa rivista, i dati indicano che nelle 32 forme di tumore considerate nella ricerca circa due terzi sono attribuibili a errori casuali che avvengono nelle cellule sane durante il normale processo di replicazione del Dna.

E’ una sorta di rivoluzione, «un cambiamento di paradigma», come lo hanno definito gli autori della ricerca, coordinati dall’italiano Cristian Tomasetti, da 15 anni negli Stati Uniti e che lavora nell’università Johns Hopkins.

Con Tomasetti hanno lavorato Lu Li, del dipartimento di Biostatistica della stessa università, e Bert Vogelstein, del Centro per la ricerca sul cancro della Johns Hopkins.

«Finora si pensava che a causare il cancro fossero ambientali ed ereditari, più un 60% di cause sconosciute. Adesso possiamo dire che le mutazioni casuali sono una parte importante di quel 60%»., ha detto Tomasetti.

Ma questo non implica in nessun modo il fatalismo, anzi: i ricercatori sono più convinti che mai che le
principali armi siano la prevenzione e la diagnosi sempre più precoce, compresa quella basata sulle cosiddette 'biopsie liquidè, ossia sull'analisi genetica condotta su una goccia di sangue.

I nuovi risultati segnano l’evoluzione di quelli che nel 2015 avevano segnalato per la prima volta il ruolo del caso nella comparsa dei tumori, ma allora erano stati accusati di non essere completi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) aveva rilevato, per esempio, che mancavano i dati sui tumori di seno e prostata e che i dati riguardavano essenzialmente gli Stati Uniti.

A livello popolare, poi, a peggiorare le cose c'era stato il riferimento a un ruolo della «sfortuna» nella comparsa di un tumore.

Adesso le cose sono molto diverse e i dati più corposi e solidi.

La nuova ricerca comprende le forme di tumore che mancavano nello studio precedente e, soprattutto, i dati riguardano 69 Paesi che, ha rilevato Tomasetti, «comprendono la maggior parte popolazione mondiale». Sono state utilizzate le informazioni contenute in 423 banche dati internazionali sui tumori e quelle sul processo di divisione delle cellule staminali in diversi tessuti umani, confrontate con i dati analoghi su 17 forme di tumore. I valori emersi sono paragonabili in tutti i Paesi, indipendentemente dalle caratteristiche ambientali. I risultati, hanno osservato i ricercatori, «continuano a suggerire che esiste una correlazione importante fra numero delle divisioni di cellule staminali in un organo e rischio di cancro» ma questo, hanno rilevato, non toglie nulla alla prevenzione. Nei Paesi in via di sviluppo, per esempio, una parte dei tumori potrebbe essere prevenuta modificando ambiente e stile di vita.

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