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Tensioni fra Berlino e Ankara, Erdogan accusa Merkel: "Aiuta i terroristi"

Recep Erdogan

ROMA. Prosegue con toni sempre più accesi l'offensiva diplomatica della Turchia contro Germania. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha lanciato nuovi strali alla cancelliera Angela Merkel, accusandola di sostenere "terroristi" come il corrispondente della Welt, che sarà processato per spionaggio.

Inoltre, Ankara ha convocato l'ambasciatore di Berlino, protestando per alcune bandiere del Pkk apparse in un corteo di curdi a Francoforte. Come se non bastasse, si è aperto un altro fronte di tensione, stavolta con la Danimarca, perché alcuni suoi cittadini sarebbero stati minacciati dalle autorità turche. Giorno dopo giorno, Erdogan sta conducendo la sua campagna elettorale per il referendum di aprile sul presidenzialismo all'insegna del muro contro muro con l'Europa.

A partire da Germania e Olanda, bollate come Paesi 'nazisti' per aver vietato i comizi per il sì ai ministri turchi, con la motivazione di rischi per la sicurezza interna. E che Ankara, invece, ha letto come una sorta di 'guerra di religione' condotta dagli europei per minare l'autorità di Erdogan, accusandolo di non rispettare gli standard democratici. Oggi, parlando da Istanbul, il leader turco è tornato sulla vicenda del reporter della Welt Deniz Yucel, con il doppio passaporto, fermato lo scorso 27 febbraio per propaganda a sostegno di organizzazione terroristica e incitamento alla violenza, tra le proteste di Berlino.

"Grazie a Dio è stato arrestato", ha detto Erdogan, inviando un messaggio niente affatto conciliante alla Merkel: lei "rivuole indietro un agente terrorista", ma Yucel verrà processato dalla nostra magistratura, che è "indipendente". Poi, il nuovo affondo anti-tedesco: la cancelliera utilizza "metodi nazisti contro i miei fratelli turchi che vivono in Germania e contro i miei ministri e deputati che vanno lì". Il clima è peggiorato ulteriormente dopo che ieri a Francoforte trentamila curdi sono scesi in piazza per festeggiare il loro capodanno, innalzando anche striscioni e bandiere del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, nemico giurato di Ankara.

Le autorità tedesche hanno spiegato che le bandiere non erano autorizzate e che non si è intervenuti per non provocare incidenti, ma ai turchi non è bastato. Ed hanno convocato l'ambasciatore tedesco per protestare.

"La Germania ha messo il suo nome in un nuovo scandalo", ha detto il portavoce presidenziale Ibrahim Kalin, ricordando che il Pkk è un "gruppo terrorista separatista". Berlino, finora, ha respinto al mittente tutte le accuse. Merkel ha definito i paragoni con il nazismo senza senso e indegni di un partner della Nato. Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel ha rilevato che Ankara "è più lontana che mai dall'adesione alla Ue".

Anche Martin Schulz, appena eletto alla guida dei socialdemocratici, ha sottolineato che il governo tedesco deve dire "chiaramente a Erdogan che così non va e che la sua strategia prima o poi fallirà". Nel frattempo, è scoppiato anche un caso danese. Il ministro degli Esteri Anders Samuelsen ha convocato l'ambasciatore turco per chiedere spiegazioni su presunte minacce nei confronti di alcuni cittadini con doppia cittadinanza, a causa di commenti anti-Erdogan sui social media.

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