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Grillo, Berlusconi e Renzi: la povertà "jolly" dei programmi

ROMA. L'approvazione del Senato al ddl povertà, che ha dato il via libera al reddito di inclusione per le famiglie indigenti, ha riacceso lo scontro fra i partiti. Quello sulle misure di contrasto alla povertà è un tema molto caro a tutte le forze politiche, che in vista delle prossime elezioni hanno già iniziato a sciorinare le loro proposte.

Che si chiami reddito di cittadinanza, reddito di inclusione o lavoro di cittadinanza, dal Movimento 5 Stelle a Renzi e Forza Italia, di programmi sulle misure a sostegno degli indigenti ne è pieno il mainstream politico tanto da diventare uno dei principali terreni di scontro in cui tutti sono contro tutti.

Il dibattito seguito all'approvazione del ddl povertà ne è l'esempio più recente. Il nuovo reddito di inclusione, che prevede fino a 500 euro per le famiglie sotto la soglia di indigenza, è stato criticato dal Movimento 5 stelle e dallo stesso Beppe Grillo, che dal suo blog lo definisce  "un bluff", "una presa in giro colossale, che non a caso arriva alla fine della legislatura. Il Governo Gentiloni tenta di salvare la faccia con un bluff". inseguendo il reddito di cittadinanza del M5S. Secondo Luigi Di Maio altro non è che "la social card di Berlusconi. Niente di più e niente di meno".

Il reddito di cittadinanza è uno dei cavalli di battaglia dei Cinquestelle. Nel loro disegno di legge, si prevede un assegno mensile di 780 euro (o di una cifra integrativa, nel caso in cui il nucleo familiare abbia già un reddito) per chi ha un reddito netto annuo inferiore ai 9360 euro.  «Il nostro reddito di cittadinanza è stato accusato di voler dare soldi senza fare niente» mentre è proprio questo ddl - ha replicato Di Maio ad Agorà replica - «che darà una social card senza fare nulla. Non ci critichino il nostro reddito - ha concluso - perché noi chiediamo di formarsi per il lavoro e di fare lavori di pubblica utilità: non si prendono soldi stando sul divano». Nel ddl firmato M5S, i beneficiari hanno l'obbligo di dare immediata disponibilità al lavoro, con iscrizione ai Centri per l'impiego e ancora sottoponendosi “percorsi di accompagnamento all’inserimento lavorativo”, che comporta l’offerta di disponibilità per “l’espletamento di attività utili alla collettività da svolgere presso il comune di residenza”.

«Il nostro reddito di cittadinanza - gli fa eco Grillo dal blog - prevede 15 miliardi di euro per aiutare i nuclei famigliari in difficoltà e 2 miliardi per rilanciare i centri per l’impiego. Reddito e lavoro».

Tra i contestatori del nuovo ddl povertà c'è anche il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, a cui Silvio Berlusconi ha dato mandato di elaborare il Piano Povertà che l'ex premier ha dichiarato di volere inserire come uno dei punti principali del suo programma in vista della campagna elettorale. Secondo Brunetta:  “La legge delega sulla povertà è il solito insulso strillo di trombe del Pd, un provvedimento vuoto, un’altra occasione mancata. Non stanzia nemmeno un euro in più rispetto alle risorse già previste dalla legge di Bilancio. Un imbroglio, in pieno stile Renzi”.

Il reddito di inclusione è uno dei temi cari al Cavaliere, che ha pure accusato Renzi di avergli sottratto la dicitura "lavoro di cittadinanza".  Tra gli strumenti, per i disoccupati nel programma di Fi ci sarebbe  una misura che garantisce a chi è rimasto senza lavoro un'occupazione di tre mesi, a cui ne seguirebbero altrettanti con l'indennità di disoccupazione. Altro cavallo di battaglia: le pensioni. L'aumento delle minime è tra i punti centrali del programma di Berlusconi. E il Cavaliere sembra che voglia spingersi oltre, ipotizzando una forma di pensione anche per le casalinghe.

Di "lavoro di cittadinanza" ha parlato anche  Matteo Renzi. "Non serve il reddito di cittadinanza", secondo l'ex premier, criticando così la proposta del M5s. "Dobbiamo rivoluzionare il nostro welfare e la risposta non è una rendita universale ma il lavoro di cittadinanza", ha spiegato in un'intervista al Messaggero, attaccando poi "la risposta grillina al problema". Per Renzi: "Garantire uno stipendio a tutti non risponde all'articolo 1 della nostra Costituzione che parla di lavoro non di stipendio. Il lavoro non è solo stipendio, ma anche dignità".

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