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Matteo Pugliese, quei corpi in fuga dalla prigione della materia - Foto

MILANO. Aspettare il volo, ammirando opere d’arte.

Addormentarsi a bordo e «sognare la Bellezza».

Provateci all’aeroporto di Malpensa, dove al Terminal 1 «Porta di Milano» sono esposte sino al 20 marzo cinque sculture di Matteo Pugliese. La mostra, curata da Chiara Gatti e organizzata dalla Imago Art Gallery insieme con la Sea, è intitolata «Spiriti ostinati».

E, guardando quei corpi in fuga dalle prigioni della materia, si capisce perché.

Milanese, 45 anni, Matteo Pugliese è tra gli autori più apprezzati e potenti della «scuola» italiana nel mondo.

Non a caso, è stato invitato a tenere personali in notissime gallerie di Hong Kong, Londra, Bruxelles, New York, St Moritz, Lugano, Roma, Anversa, L’Aja e ovviamente nella «sua» Milano, mentre i suoi lavori sono presentati alle fiere d’arte nazionali ed internazionali di maggior rilievo.

Tra queste «Hong Kong Art Fair», «ArtFirst» Bologna, «Miart» Milano, «Arco» Madrid, «Fiac» Parigi, «Art Miami», «Contemporary Istanbul».

Autodidatta di talento, laureato in Lettere moderne alla Statale di Milano, la prima mostra nel capoluogo lombardo – come lui stesso dichiara, con comprensibile orgoglio – se l’è pagata da sé.

Non è la prima volta che lo scalo di Malpensa si …atteggia a museo.

Lì, infatti, sono già state ospitate antologiche di Fausto Melotti e Marino Marini, Gio Ponti e Giuseppe Pellizza da Volpedo, Helidon Xhixha e Carlo Bernardini.

Adesso, è il caso di affermarlo guardando le sculture, irrompe Matteo Pugliese con cinque lavori che appartengono alle serie di «Extra Moenia» e «Custodi».

Gli «Extra Moenia» raffigurano uomini in cerca di una sofferta rinascita attraverso una lotta con la «materia-muro» della dimensione sociale.

Di questo ciclo sono esposti «Die Mauer», alta oltre sei metri e realizzata nel 2009 per il ventennale della caduta del muro di Berlino, e la scultura in alluminio «La spina».

Dei «Custodi», invece, tre le opere marmoree.

«Pugliese – si legge in una nota, diffusa dagli organizzatori della mostra – interviene in questa serie stravolgendo le proporzioni e i canoni classici per definire uno stile nuovo: corpi possenti, piedi enormi, visi decisi e sguardi consapevoli».

Lo stesso maestro ha spiegato, presentando la mostra:

«I “Custodi” vengono chiamati erroneamente guerrieri o soldati, l'idea è quella di figure che offrono protezione. I “Custodi” non sono aggressivi, ma sono pronti ad entrare in moto se è necessario. Sono ben piantati per terra, rappresentando uno stato di consapevolezza e di equilibrio».

Nel catalogo di «Spiriti Ostinati» è contenuto anche un saggio di Philippe Daverio, che definisce Matteo Pugliese come un autore capace di «giocare con abilità, in un momento attuale nel quale le arti sembrano patinare nel vuoto».

Lo studioso, molto noto anche a Palermo e in Sicilia per la sua controversa direzione artistica del Festino di Santa Rosalia nel 2010 che si concluse con le clamorose dimissioni dall’incarico, scrive dello scultore milanese e della sua produzione:

«A volte tornano i fantasmi della coscienza, e quelli del passato riprendono energia e vita. Sono quelli delle sculture che spuntano parzialmente oltre il diaframma della realtà e rivelano una parte del loro corpo come se emergessero dall’ al di là. Tutto è fluido, la percezione quanto la coscienza, l’immagine come il tempo, la citazione al pari della realtà apparente. E Alice stessa è confusa perché non riesce bene a capire se questi corpi la stanno inseguendo nell’altra dimensione o se stanno tornando in quella quotidiana».

«Invece – conclude Daverio – seguono i corpi la prassi contrappuntistica della visione barocca, per la quale non vi è un al di là e un al di qua ma tutto è costretto costantemente a rispecchiarsi, perché riflettere è la funzione dello specchio ma riflettere è anche la meccanica della mente. Flesso, riflesso, complesso è sia il cervello che il cuore. Riflessivo sarà il moto mentale di chi guarda».

Marco Izzolino, direttore artistico della galleria «White room», ha invece sottolineato come nella produzione i Pugliese «il concetto del limite gioca un ruolo fondamentale».

Quindi, aggiunge:

«Negli “Extra Moenia” questo limite è rappresentato dalla presenza del muro stesso. Cosa meglio di una parete rappresenta il blocco, il condizionamento che ci imprigiona e ci costringe? L’insofferenza verso questa costrizione si traduce allora in una lotta e in uno sforzo radicale che ha l’unico obbiettivo di scardinare questa prigione e ristabilire una condizione, fisica o mentale, che il soggetto ritiene meritevole e necessaria. L’affrontare e il superare detto limite diventa il punto di partenza e l’occasione per una rinascita, per una nuova vita, lontano dai compromessi e dalle frustrazioni che per troppo tempo si era deciso di accettare e tollerare».

«Nei “Custodi”– conclude il gallerista – il concetto del limite è altrettanto importante, solo in apparenza meno evidente.Queste figure non hanno più bisogno di lottare perché la loro battaglia l’hanno già vinta. La smania di liberarsi dal blocco si traduce ora nella consapevolezza di averlo attraversato. Battaglie, guerre e frustrazioni le hanno lasciate alle spalle e solo restano evidenti i requisiti, grazie ai quali queste guerre sono state vinte: un grande equilibrio, una profonda consapevolezza e una forte determinazione. Concetti questi espressi attraverso lo stravolgimento delle proporzioni classiche: piedi enormi e sicuri, corpi possenti e centrati, visi decisi e sguardi consapevoli, spesso con gli occhi socchiusi di chi non teme più minaccia alcuna. Soprattutto compare un nuovo elemento prima assente, l’ironia; requisito evidentemente indispensabile per poter finalmente accettare e comprendere se stessi e, dunque, il mondo intero. L’ energia e il dinamismo sono ancora ben presenti, ma non si manifestano più con l’azione fisica e la tensione muscolare bensì con l’espressione di una forza annunciata ma non esibita. Le linee di forza non esplodono più verso l’esterno ma implodono, si rincorrono tra i loro stessi vortici».

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