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Gentiloni a Domenica In: avanti fino al 2018, abbasseremo le tasse sul lavoro

ROMA. Un governo "rassicurante", che però non fa i miracoli. Quelli, "li fanno i cittadini con i loro sacrifici". Ma è anche un "governo che non è provvisorio", che non si trova a Palazzo Chigi - pur in "doverosa continuità" con l'esecutivo Renzi - per caso e che, soprattutto, intende arrivare "a fine legislatura" con degli obiettivi ben precisi.

Paolo Gentiloni sceglie di entrare nelle case degli italiani con un messaggio positivo e lo fa dal salotto di Domenica In intervistato da Pippo Baudo. Chiede fiducia, promette riforme. "Abbiamo molte cose da completare che ha fatto il governo Renzi e delle cose nuove e importanti". Tra queste, sicuramente, un intervento sul lavoro: "Il nostro obiettivo nel Def - annuncia infatti il premier - è quello di abbassare ulteriormente le tasse sul lavoro. Dobbiamo rendere gli investimenti più vantaggiosi", ha spiegato sottolineando che questo si può ottenere dando "un'altra spinta sulle tasse del lavoro".

"Abbiamo fatto molte cose sul piano delle regole", rivendica Gentiloni. "Si sono creati 700mila posti di lavori senza clamore, anche se la disoccupazione giovanile è ancora molto alta". "Le cicatrici della crisi - ha detto - si fanno sentire ancora e che ci sia una crisi di fiducia è abbastanza comprensibile, ma le cose fatte in questi anni ci hanno rimesso in carreggiata e penso che le cose possono migliorare non solo nei grandi numeri astratti ma anche nelle nostre buste paga".

E forse è anche per questo che Gentiloni chiede di dare tempo al suo Governo: "Anche per togliere un'idea di provvisorietà, vorrei che il governo si desse una agenda di riforme". Ricordando la nascita "in 48 ore" del suo esecutivo, l'inizio "col fiatone" per la fretta e la necessità di partire, le emergenze che si è trovato a dover gestire, ora Gentiloni vuole che il governo si dia "un cambio di passo" con riforme strutturali. E cita il lavoro, il Mezzogiorno, il processo penale, la legge sulla concorrenza e quella sulla povertà per la quale - ha detto - "mi auguro di avere novità positive in settimana".

Ma è anche e in particolar modo sul Sud - forse complice la sua visita di ieri a Catania - che il premier insiste. "Mi darebbero un premio Nobel se avessi una ricetta semplice" per far crescere il Sud, ha detto spiegando che le potenzialità nelle regioni meridionali sono altissime come "aveva capito alla grande Carlo Azeglio Ciampi" quando disse che la crescita italiana può migliorare solo se si alza la crescita al Sud. Gentiloni, che non si è sottratto alle domande sullo spinoso tema dello scandalo Consip (assicurando la sua fiducia in Lotti e augurandosi chiarezza e rapidità nell'accertamento della verità), guarda anche all'Europa, ai migranti, al difficile compito della ricostruzione delle zone terremotate. E lo fa chiedendo, ancora una volta, fiducia.

Se "non nascondiamo i guai che abbiamo e se riusciamo con realismo a restituire più sicurezza e fiducia" ai cittadini "abbiamo fatto" il nostro dovere, ha spiegato. E dunque, pur con una critica per le rigidità a senso unico dell'Europa (è "rigidissima sugli zero virgola dei bilanci e non su altre cose"), ha sottolineato che l'Unione è da "tenersi ben stretta". E che ora "l'Europa deve aiutare la crescita e non deprimerla".

Una mano, Bruxelles, però ce la può dare da subito, confida il capo del Governo. Sia "attraverso il fondo di emergenza, con una cifra attorno al miliardo" e "consentendo di togliere dai conteggi deficit/pil le spese per il sisma". Infine, guardando all'anno che ancora si augura di passare a Palazzo Chigi, rivolge un invito al Parlamento. Affinchè sia un luogo dove ci siano "meno litigi e più leggi. Vorrei un Parlamento in cui si collabori maggiormente, che mantenendo le differenze lavori nell'interesse del Paese". Un invito da 'moderato', gli fa presente Pippo Baudo che poi lo saluta chiedendo se la moderazione sia più un pregio o un difetto. "Sicuramente è un pregio - si congeda Gentiloni - ma poi alla bisogna decidere".

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