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Renzi sul padre indagato: "Se è colpevole deve avere una pena doppia rispetto agli altri"

ROMA. «Se mio padre è davvero colpevole deve essere condannato più degli altri per dare un segnale: con una pena doppia». Matteo Renzi affronta in tv, «a viso aperto», la vicenda Consip che vede indagato il padre. Arriva negli studi di Otto e mezzo mentre nella procura di Roma, che è a poche centinaia di metri di distanza, si conclude l’interrogatorio di Tiziano Renzi. E non alza una barriera in difesa del padre. "Anzi", sottolinea. «Di quel che ha fatto risponde lui». Ma se ha fatto qualcosa si vedrà alla fine del processo. Intanto, deve valere la presunzione di innocenza. Per lui, come per Lotti. "Non credo ai complotti - dice Renzi - ma c'è tensione creata ad hoc, un disegno evidente di mettere insieme cose vecchie di mesi. Ma a me vien voglia di rilanciare con più forza».

Di fronte alla forza mediatica con cui deflagra l’inchiesta Consip, che porta anche fibrillazioni nel Pd e preoccupazione nel governo, l’ex premier decide di interrompere il silenzio e si accomoda nello studio di La7. E prova a respingere l’immagine fosca tratteggiata in questi giorni negli attacchi, nei post, nelle mozioni di sfiducia a Lotti dai Cinque stelle. «Siamo persone perbene, non abbiamo paura dei processi ma i processi non si fanno sui giornali, questo dibattito è surreale», esordisce. «Consip funziona bene e vi sfido a dire se c'è uno scandalo scoppiato in questi tre anni in un’azienda pubblica», sottolinea. «Ma se ci sono ricatti e reati, se ci sono tangenti c'è il dovere di fare i processi. Erano quelli di prima che facevano i lodi per non farli».

Durissimo l’attacco ai Cinque stelle: «Non sto in un partito guidato da un pregiudicato, io ai miei principi ci tengo. Io ho una fedina penale diversa da Beppe Grillo. Non siamo come quelli che quando si indaga la sindaca di Roma sono garantisti, non sono garantista a targhe alterne», scandisce. Sul padre, però, la linea è netta: nessuna difesa 'familista'. «So chi è, conosco i valori della mia famiglia. Ma di quello che ha fatto risponde lui in tribunale. Se i magistrati valuteranno, si faccia il processo in tempi rapidi».

Tutt'altra storia, quando si arriva a parlare di Lotti. "Assolutamente non deve dimettersi. Conosco Lotti da anni ed è una persona straordinariamente onesta, lo devono sapere sua moglie e i suoi figli. Io non scarico mai gli altri: non l’ho fatto con Delrio, Boschi e ora Lotti. Non accetto processi sommari», scandisce, dicendosi «pronto a scommettere» che Lotti e Del Sette non hanno «commesso niente». E le dimissioni di Lupi e Guidi? Tutt'altra storia, «hanno deciso loro», spiega.

La linea garantista viene confermata dall’ex premier anche su Verdini: la sua condanna in primo grado è «pesante» e «se verrà confermata» in via definitiva, è un «fatto rilevante, grave e con conseguenze non solo politiche ma anche personali». Ma, rivendica, sul piano politico, «se si è fatto Jobs act, Expo e Giubileo, è perché c'è stata una maggioranza che nonostante il fallimento delle elezioni 2013 di Bersani ha governato. Se non c'era Verdini non passavano i diritti civili». Parole che fanno infuriare Ncd, che con Maurizio Bianconi ricorda: «Senza il Nuovo Centrodestra non ci sarebbe nemmeno stato il governo».

Ora Renzi vuole solo buttarsi nella campagna congressuale, perché da «tre mesi non si parla dei problemi della gente». C'è da lavorare per «i prossimi mille giorni», scandisce. Perché anche su temi come la legalità si poteva «fare di più». Politicamente, l’ex segretario proverà a rilanciare il prossimo weekend dal Lingotto. Ma sulla stagione politica che si è aperta conferma il pessimismo: si va verso il «pantano». Servirebbe una legge elettorale come il Mattarellum per uscirne. Ma lui stesso non è pronto a scommettere che questo Parlamento possa votarla: "Spero di sì, temo di no», ammette amaro.

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