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Indetto il congresso Pd, Renzi si dimette. Emiliano, Rossi e Speranza: è lui che vuole la scissione

Matteo Renzi all'hotel Parco dei Principi durante l'assemblea nazionale del Partito Democratico - Ansa

 ROMA. "Terminano i lavori dell'assemblea ed è indetto il congresso. A chiusura di questa assemblea convocherò la direzione per martedì con all'ordine del giorno la nomina della commissione per il congresso. Nel momento in cui chiudiamo ora i lavori, l'assemblea è sciolta. Rivendico il lavoro fatto in questi anni". Lo ha detto il presidente del Pd Matteo Orfini chiudendo l'assemblea Dem al termine di una lunga giornata di interventi con le dimissioni di Renzi, la mediazione a sorpresa di Emiliano.

RENZI. A prendere per primo la parola Matteo Renzi: «Cominciamo la riunione di oggi proponendo la parola chiave. Io propongo la parola rispetto, una delle parole più belle, che attiene al guardarsi dentro, intorno e negli occhi. Avere rispetto è una delle prime cose che i nostri genitori ci insegnano e un partito deve scegliere di rispettarsi sempre».

«Io dico fermiamoci, fuori ci prendono per matti. Oggi discutiamo ma poi mettiamoci in cammino. Un partito deve scegliere di rispettarsi sempre e praticare il rispetto verso la comunità di militanti e iscritti che senza chiedere niente passano le serate a organizzare le campagne elettorali e le feste dell'unità e chiedono a noi di rispettarci. In questi mesi il Pd non si è rispettato, ha buttato del tempo, ha bestemmiato il suo tempo, ha perso l'occasione per parlare fuori. Guardiamoci negli occhi rispettandoci e proviamo a capire se esiste lo spazio per immaginare un domani».

«È tornata la Prima Repubblica senza la qualità della Prima Repubblica - dice Renzi -, non riguarda solo il Pd, si stanno scindendo tutti, fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta».

«Io soffro a sentire la parola scissione come tutti noiLa scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce - prosegue -. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno».

«C'è un prima e un dopo il 4 dicembre e mi spiace perchè mi sento responsabile, c'è un prima e un dopo, c'è una frattura nella politica e nella società con la fuga dei capitali all'estero e in generale è stata una botta per tutto il sistema paese e noi abbiamo la responsabilità di rimetterlo in moto». Così Matteo Renzi osservando come anche in Parlamento «si va al rallentatore con settimane di lavoro più corte».

«Parliamo di Italia. Ehi Beppe che bel regalo ti stiamo facendo parlando solo di noi mentre nel M5s ci sono le polizze vita, i capi di gabinetto, mentre esercitate un garantismo ai giorni alterni: quando indagano i vostri garantisti, quando indagano gli altri urlate consegnatevi, confessate. Che pessima immagine sta arrivando fuori di qui» della discussione interna al Pd.

«Vorrei discutere cos'è la sinistra oggi - continua ancora Renzi -. È di sinistra Teresa Bellanova non per la provenienza che non è la mia ma per l'attenzione agli ultimi. È molto più di sinistra affrontare il tema dei diritti e dei doveri che non crogiolarsi in riferimenti ai simboli del passato. È più di sinistra fare provvedimenti del sociale. Anche se non canto bandiera rossa e non parlo di rivoluzione socialista penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano».

«Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel 98 con Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni», dice Matteo Renzi all'assemblea, ricordando altri leader 'azzoppati' dagli scontri interni. Il Pd si basa sui voti e non sui veti, il congresso è l'alternativa al modello Casaleggio o al modello Arcore, ha tra l'altro detto.

«Avete il diritto di sconfiggerci non di eliminarci. È il punto dell'idea democratica. Ci ho pensato che forse per sistemare questa assurda situazione poteva valere la pena fare un passo indietro. Ci ho pensato sul serio perchè mai come in questi due mesi e mezzo siamo stati laici nelle decisioni, abbiamo ascoltato tutti. Ma accettare oggi che si possa dire no a una candidatura, eliminare un problema eliminando una persona, vorrebbe dire che siamo tornati al modello di partito in cui si sta insieme contro qualcuno e non per qualcosa. Noi stiamo insieme per un progetto, per l'Italia. Non accetteremo mai, mai e poi mai di consentire a qualcuno di dire non sei della nostra comunità. Il verbo è venite, non andate. State, partecipate». «Non potete chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi perchè solo così si evita la scissione. Questa non è una regola del gioco democratico».

BERSANI.  "Siamo a un punto certamente delicato. Una parte pensa che si va a sbattere, e con il Pd anche l'Italia. Non diciamo abbiamo ragione per forza, vogliamo mandare a casa Renzi per forza, diciamo che vogliamo poter discutere di una urgente correzione di rotta. Il segretario ha alzato un muro, ha detto si va avanti cosi, vuol dire fare un congresso cotto e mangiato in tre mesi dove non sarà possibile aprire discussione. Ma c'è ancora la replica da sentire". Lo dice Pierluigi Bersani ad 'In Mezz'ora' sui Rai tre.
E ancora: "Tornate alla normalità, fate le cose da statuto, lasciamo lavorare Gentiloni fino al 2018 e facciamo le amministrative. Chi ha forzato la mano non siamo noi, non abbiamo già scelto ma stiamo invocando di rimetterci in carreggiata per riprendere a discutere ed evitare di andare a sbattere".

ROSSI.  "È stato alzato un muro, sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada è un'altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area". Lo dichiara Enrico Rossi, dopo la relazione di Matteo Renzi all'assemblea del Pd. "Milioni di cittadini hanno abbandonato questo Pd. Noi abbiamo posto lo stesso problema che milioni di cittadini pongono: avvertono il Pd come un partito non più di sinistra. Abbiamo provato ad avanzare alcune idee e invece è stato alzato un muro e non abbiamo avuto nessuna risposta di merito né di metodo".

EMILIANO.  "Abbiamo un patrimonio che come dice Orlando ci potrebbe consentire in poche settimane di convocare l'Italia intera su una piattaforma programmatica assieme alla campagna elettorale per le prossime amministrative. Noi avevamo avuto l'impressione che il Pd volesse saltare questi passaggi e saltare alle elezioni ma il segretario mi ha detto che non era mai stata sua intenzione andare a votare e io gli credo. A questo punto se non abbiamo urgenza di chiudere la legislatura mi chiedo se è possibile in questa situazione difficile ritrovare le ragioni dell'unità". Così Michele Emiliano, dal palco dell'assemblea, torna a proporre un confronto programmatico e dopo le amministrative le primarie.

E ancora:  "E' a portata di mano" ritrovare l'unità: "Siamo a un passo dalla soluzione. Un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare un passo indietro, ditemi voi quale, che consenta di uscire con l'orgoglio di appartenere a questo partito. Senza mortificare nessuno". "Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui", aggiunge, chiedendogli un'ultima mediazione sulla conferenza programmatica.

LA NOTA DI EMILIANO, ROSSI E SPERANZA. "Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima". Lo affermano Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza.

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