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Trump gela Netanyahu: "Israele o Palestina? Uno Stato o due per me è la stessa cosa"

Donald Trump col primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu - Ansa

WASHINGTON. Visita storica del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu a Washington. Perchè è la prima con il nuovo presidente Donald Trump - «amico da una vita» conferma Bibi - e perché già prima che i due si vedano da soli nello Studio Ovale dettano pubblicamente la linea delle nuove relazioni tra Usa e Israele.

Con Trump che supera il 'dogma' dei due stati nel perseguimento della pace in Medioriente. Il presidente americano si sgancia così da quello che era stato un 'imperativo' per Washington e la sua politica nella regione fin dall'amministrazione Clinton, abbandona l'ortodossia diplomatica e scioglie definitivamente il gelo che era disceso tra Obama e Netanyahu.

Per Trump il legame con Israele è «indistruttibile», al punto da prendere chiare distanze dall'Onu di cui respinge «le azioni unilaterali e ingiuste contro», sottolineando che l'alleato va trattato giustamente nei consessi internazionali.

Ribadisce senza mezzi termini ciò che pensa dell'accordo sul nucleare siglato con l'Iran dalla scorsa amministrazione (dossier che sta a cuore a Netanyahu), definendolo «uno dei peggiori che abbia mai visto», e aggiungendo che ha già imposto nuove sanzioni contro Teheran e farà di tutto per impedire che l'Iran sviluppi un pericolo nucleare contro lo Stato ebraico. Quindi il nocciolo della questione: «Guardo ai due stati, guardo ad uno stato. Mi piace quello che piace a entrambe le parti. Posso vivere con entrambe le soluzioni», afferma, sottolineando la necessità che siano direttamente le due parti, israeliani e palestinesi, a trovare una soluzione in negoziati diretti.

Non può esimersi poi dal rintuzzare l'alleato: «Voglio vedere Israele contenersi un pò sugli insediamenti», dice. Ma l'accordo tra i due leader appare perfetta: «Credo che troveremo un'intesa, forse migliore di quanto si pensi». Netanyahu ritrova così l'alleato che cercava e non manca di raccogliere il là di Trump, affermando che piuttosto di trattare con etichette come la soluzione dei due Stati vuole trattare della «sostanza».

Ha confermato di voler coinvolgere i partner arabi nel perseguire la pace con i palestinesi, senza tuttavia mancare di ribadire con fermezza che i palestinesi devono riconoscere lo stato ebraico. «L'alleanza fra Stati Uniti e Israele è stata incredibilmente forte, ma con la sua leadership ho fiducia che diventerà ancora più forte», ha detto quindi all'amico ritrovato nella East Room, con in prima fila il genero del presidente Jared Kushner.

«Non c'è più grande sostenitore del popolo ebraico e dello stato ebraico del presidente Donald Trump», ha detto il premier israeliano, sostenendo di conoscere da molto tempo il presidente, i membri del suo team e la sua famiglia. Lo sguardo poi si è posato su Kushner cui il presidente ha affidato la regia dei colloqui di pace israelo-palestinesi. «Posso rivelare da quanto tempo ci conosciamo?», ha proseguito, mentre Kushner annuiva, confermando una frequentazione di vecchia data e una sponda forte nel processo di pace in Medio Oriente.

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