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Bando migranti, Trump si scaglia contro i giudici: politicizzati

NEW YORK. «Troppo politicizzati». Donald Trump, in uno scontro senza precedenti, si scaglia contro i giudici che in queste ore sono riuniti per decidere le sorti del bando sui musulmani, sospeso da un tribunale di Seattle.

Un attacco inusuale, spia della frustrazione del presidente americano che teme una sonora bocciatura del decreto-simbolo delle sue prime settimane alla Casa Bianca. Un attacco criticato duramente anche dal suo candidato alla Corte Suprema, Neil Gorsuch, che definisce le parole di Trump sul sistema giudiziario «demoralizzanti» e «avvilenti», aprendo di fatto una spaccatura con il presidente.

Il tycoon ha seguito in diretta - come tantissime altre persone il cui futuro dipende dalla sentenza - la drammatica udienza davanti alla corte d'appello federale di San Francisco, nel corso della quale le parti hanno esposto in collegamento telefonico i loro argomenti pro e contro il provvedimento. Con i tre giudici (due di nomina democratica, uno di nomina repubblicana) che hanno avanzato più di un'obiezione sulla tesi della difesa, sostenuta da uno dei legali del Dipartimento di giustizia.

Sollevando dubbi sui reali poteri del presidente in un ambito così delicato, che va a toccare il principio costituzionale della libertà religiosa. Senza contare il modo in cui il decreto è stato adottato: l'assenza di preavviso, infatti, ha causato disagi a migliaia di persone e famiglie e caos negli aeroporti e nel trasporto aereo. Quelli che l'accusa, rappresentata dai legali degli stati di Washington e Minnesota, ha chiamato «danni irreparabili» di un atto "il cui solo intento è quello di discriminare chi è di religione musulmana".

Ma Trump non ci sta, e davanti alla platea della convention nazionale degli sceriffi d'America da vita a uno sfogo che si trasforma in una critica durissima all'operato della magistratura: "Non voglio dire che è faziosa... ma è troppo politicizzata".

Il divieto di ingresso per i rifugiati e per i cittadini da sette Paesi musulmani (Siria, Iraq, Iran, Yemen, Libia, Somalia, Sudan) per il presidente dovrebbe essere ripristinato immediatamente, perchè senza questo provvedimento »la sicurezza nazionale è a rischio. E io - il suo monito - sono stato eletto per riportare ordine e legalità«. Per il presidente americano, quindi, »il provvedimento non potrebbe essere più preciso, è scritto in modo perfetto. Anche un cattivo studente lo capirebbe«.

"E la legge dà al presidente ampi poteri per controllare chi entra o lascia il nostro Paese": tutto quello che dicono i detrattori "è scandaloso, vergognoso". Intanto un nuovo fronte rischia di aprirsi per la Casa Bianca: quello con i nativi americani, già sul piede di guerra per la volontà di Trump di andare avanti col progetto del Dakota Access Pipeline, nelle terre dei Sioux.

Il genio militare si appresta infatti a eliminare gli ultimi ostacoli burocratici che impediscono la ripresa dei lavori fermati da Barack Obama, con un permesso alla Energy Transfer Partners che consentirà di far passare l'opera sotto il lago Oahe. Una sfida che lascia prevedere nuove imponenti proteste di nativi e ambientalisti, come quelle avvenute mesi fa con la partecipazione alla causa anche di molte star dello spettacolo.

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