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Verso referendum su Frexit, la sfida di Le Pen: "Con me fuori da Ue e Nato"

Marine Le Pen

PARIGI. «Questa è casa nostra», Trump e la Brexit «hanno indicato la via»: davanti a oltre 3.500 militanti riuniti a Lione, Marine Le Pen lancia la sua scalata all'Eliseo nel primo comizio elettorale in vista delle presidenziali del 23 aprile e del 7 maggio.

Dalla "capitale dei Galli" - fondata dai Romani nel 47 A.C. - la leader del Front National condanna l'Europa, l'ultraliberismo e il fondamentalismo islamico. «Il risveglio dei popoli contro le oligarchie può diventare realtà», grida riferendosi all'uscita della Gran Bretagna dall'Ue e alle politiche del nuovo inquilino della Casa Bianca.

Una prova di forza dai toni marcatamente nazionalistici - quasi «un copia incolla» del padre Jean-Marie, commentano in tv - in cui invoca il patriottismo come rimedio ad una globalizzazione senza regole contro la quale si pone come unico baluardo.

Arringando la folla di militanti in estasi - bandito il vessillo europeo tra le migliaia di tricolori bleu-blanc-rouge - Le Pen sfodera tutto l'armamentario frontista. A cominciare dall'attacco, durissimo, a quella stessa Ue a cui appena pochi giorni fa si è rifiutata di rimborsare i 300 mila euro che avrebbe dovuto restituire (all'Europarlamento) per aver remunerato un'assistente che in realtà lavorava a Parigi, nonchè il suo bodyguard.

«L'Ue è un fallimento», tuona la leader d'estrema destra in corsa per la poltrona più importante di Francia. Se eletta, promette l'avvio di un negoziato di sei mesi con Bruxelles per recuperare quattro sovranità: monetaria - con il ritorno a una «valuta nazionale» - legislativa, territoriale e di bilancio.

Ma se l'esito delle trattative non dovesse soddisfarla, si schiererà risolutamente a favore del 'Frexit' dopo aver indetto un referendum sull'uscita del suo Paese dall'Ue. Dal palco del Palais des Congres, Le Pen promette anche l'uscita dal comando integrato della Nato e di iscrivere nella costituzione una soglia minima del 2% di spesa per l'esercito.

«In cinque anni voglio rimettere la Francia in ordine», avverte la capofila del patriottismo d'Oltralpe, che propone «144 impegni presidenziali» per cambiare la Rèpublique. Con lei all'Eliseo «leggi e valori saranno soltanto francesi». Poi l'affondo contro «l'ultraliberismo economico e il fondamentalismo islamico», i «due totalitarismi che minacciano il nostro Paese».

Stop all'immigrazione di massa, agli aiuti medici di Stato, abrogazione dello ius soli, precedenza ai francesi nell'accesso al lavoro sono tra i punti del suo programma. Ma Le Pen promette anche un bonus per le fasce più deboli bacchettando gli esperti che si interrogano su come finanziarlo: «Non credete alla visione egoistica di questi contabili. Il nostro è volontarismo e patriottismo». A due giorni dall'aggressione contro i militari al Carrousel du Louvre al grido di 'Allah Akbar', invoca la chiusura dei centri in cui predicano gli islamici radicali.

I francesi schedati con la 'S' (vale a dire quei cittadini radicalizzati tenuti sotto controllo dallo Stato, ndr) verranno inoltre puniti con una pena di «indegnità nazionale». Subito prima che entri in scena, viene proiettato un breve filmato di lei al timone di una meravigliosa barca a vela, mentre governa venti e maree al tramonto. Il video si chiude con una veduta dell'ingresso dell'Eliseo e in sovraimpressione il suo slogan presidenziale: «In nome del popolo».

La candidata della Rosa blu continua a guidare i sondaggi per il primo turno del 23 aprile, tallonata da Emmanuel Macron, al secondo posto, in vista del ballottaggio del 7 maggio. Ieri, è stato proprio lui, il leader di 'En Marche!' ad aprire la grande kermesse presidenziale riunendo oltre 15.000 militanti sempre a Lione. Oggi nella metropoli del sud-ovest si è espresso anche il candidato della gauche radicale, Jean-Luc Mèlenchon, presente in simultanea grazie ad un ologramma anche a Parigi.

Una trovata che ha stregato i media e che secondo gli organizzatori ha consentito all'uomo in cravatta rossa di rivolgersi contemporaneamente a circa diecimila militanti, poco dopo il comizio di un altro candidato, il socialista paladino del reddito di cittadinanza Benoit Hamon.

Dai loro rispettivi palchi entrambi si sono soprattutto scagliati contro Macron, l'inviso candidato della 'terza sinistrà, quella più liberal. È il «candidato del Gattopardo», «creatura del sistema», per cui «tutto deve cambiare perchè tutto resti uguale», ha tuonato Hamon dalla Maison de la Mutualitè di Parigi. Non è stato più tenero Mèlenchon, che ha bollato il candidato di En Marche! come un «giovane banchiere» frutto di «funghetti allucinogeni».

E che da ex ministro dell'Economia ha «rovinato la vita di migliaia di persone» con la contestata riforma del lavoro che ha contribuito a preparare. Nella Francia dei colpi di scena continua infine l'incubo dei neogollisti. Secondo un sondaggio Ifop sul Jdd, due terzi dei francesi - il 68% - chiedono il ritiro dell'ex favorito Francois Fillon, il candidato dei Rèpublicains travolto dallo scandalo Penelopegate.

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