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Ex Province, in Sicilia si rischiano due elezioni in appena quattro mesi

PALERMO. L’ultima volta che si votò per le Province era il giugno del 2008. Ora si rischia di votare due volte in 4 mesi. Ultima beffa di una riforma che ha cancellato i vecchi enti nel 2013 ma non ha mai dato vita davvero ai nuovi Liberi Consorzi e Città metropolitane.

Alla Regione hanno fatto i conti e hanno calcolato che rispettare l’ultima delle tante norme votate dal 2013 a oggi per cancellare le Province potrebbe costare carissimo. E potrebbe pure diventare una beffa: se si rispettassero i tempi, le elezioni per i vertici di Liberi Consorzi e Città metropolitane andrebbero fatte a febbraio. Ma poi, fra aprile e maggio, si voterà per le Amministrative in 140 Comuni fra cui Palermo e vari altri capoluoghi. Di fatto a giugno ci sarebbero nuovi sindaci e consiglieri comunali mentre i predecessori a febbraio potrebbero essere stati eletti nei Liberi Consorzi: ci saranno decadenze a catena che paralizzeranno tutto e si dovrà tornare a votare subito per gli stessi Liberi Consorzi e Città metropolitane. In pratica presidenti e consiglieri eletti a febbraio resterebbero in carica appena 3 mesi.

Per capire in che ingorgo si è cacciato il governo regionale bisogna ricordare la genesi di una delle riforme peggio riuscite: nel 2013 Crocetta cancella le Province, blocca le imminenti elezioni e invia i commissari in attesa di creare i nuovi enti. L’Ars ci metterà tre anni e altrettante votazioni per approvare la riforma che dà vita a sei Liberi Consorzi (le associazioni di Comuni del Trapanese, Ennese, Nisseno, Agrigentino, Ragusano e Siracusano) e tre Città Metropolitane (Palermo, Catania e Messina). Al vertice dei primi sei deve essere eletto un sindaco del territorio mentre gli altri sindaci compongono il consiglio: vengono eletti tutti dai consiglieri comunali del comprensorio. A capo delle Città Metropolitane va di diritto il sindaco del capoluogo ma anche qui ci sono da eleggere i consigli.

Dunque nel 2016 dovrebbe scattare la mobilitazione elettorale ma per due volte nell’ultimo anno la Regione ferma le macchine in piena corsa e proroga i commissari perché la riforma non è pronta a decollare. Ora è scaduta l’ultima proroga e l’assessore agli Enti Locali, Luisa Lantieri, deve portare in giunta la data delle elezioni: per legge deve cadere a febbraio.

Semplice? Niente affatto, perché in primavera si vota anche in 140 Comuni. E già Leoluca Orlando, presidente dell’Anci, ha fatto notare che cambierà tutto: lui stesso, sindaco di Palermo, decadrà dalla guida della Città Metropolitana trascinando con sé tutti gli altri organi appena eletti. Lo stesso avverrà in tutta la Sicilia.

Tanto basta perché alla Lantieri venga più di un dubbio: «Effettivamente non ha senso indire le elezioni a febbraio e ripeterle tre mesi dopo. È uno spreco enorme perché anche se è vero che si tratta di elezioni di secondo livello (votano solo i consiglieri comunali, ndr) bisogna comunque pagare i seggi e stampare le schede. E poi c’è la campagna elettorale che ha un costo». L’assessore Lantieri tuttavia andrà avanti: «Per legge non posso non indire le elezioni. Un rinvio è possibile solo se l’Ars vota una norma in questo senso».

Se sarà così, se la macchina verrà di nuovo fermata in corsa, lo si vedrà entro qualche giorno. E sarebbe l’ultima giravolta di una lunga serie: cancellando una delle tante riforme intermedie varate dal 2013 al 2016, l’Ars annullò i referendum che vari Comuni avevano celebrato per chiedere ai propri cittadini se erano disposti ad aderire a un Libero Consorzio diverso da quello naturale. Poi furono modificate le competenze dei nuovi enti. E a forza di modifiche l’attuale riforma ha poi finito per riproporre Liberi Consorzi che hanno gli stessi confini e quasi le stesse competenze delle vecchie Province.

Ora la Lantieri ha un altro dubbio: «Il referendum del 4 dicembre ha bocciato anche la cancellazione delle Province a livello nazionale. Stiamo verificando gli effetti in Sicilia...». È un dubbio che hanno anche all’Anci, al punto che il vicepresidente Paolo Amenta mette sul tappeto un’altra riflessione: «Visto che è stata fermata la cancellazione delle Province a livello nazionale, perché anche in Sicilia dobbiamo andare avanti con una riforma sbagliata? Gli Statuti delle vecchie Province sono ancora applicabili, basterebbe fare un’altra legge all’Ars che riproponga l’elezione diretta». Sarebbe la chiusura del cerchio: dopo tre anni, tre riforme all’Ars e tre elezioni bloccate a seggi quasi aperti si tornerebbe al punto di partenza, le care vecchie Province.

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