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Arte, costume ed economia: le réclame di Seneca, grafico di talento

CHIASSO. È l’uomo del bacio.

Anzi, dei baci di cioccolata avvolti nei cartigli con le frasi romantiche famose (i balci dolciari per eccellenza, inItalia, quelli Perugina).

Ma anche del gatto a tre zampe con la coda in fiamme (Agipgas) e di quel «minimo grafico» che è l’uomo che beve un famoso aperitivo (Cinzano): icone che hanno reso memorabili i prodotti da commercializzare. Uno dei maestri della grafica pubblicitaria europea, nato a Fano nel 1891 ma, a celebrarlo, è il M.a.x. Museo di Chiasso, nel Canton Ticino, distante meno di venti chilometri da Casnate, provincia di Como, dov’è morto nel 1976.

I suoi cartelloni di réclame non sono solo pagine di storia del costume ma anche mappe dell’economia italiana, dagli anni Venti fino agli anni Sessanta del boom, con precisi riferimenti ai movimenti culturali ed artistici dell’epoca.

Nel quarantesimo anniversario della morte, Federico Seneca. Segno e forma nella pubblicità è una magnifica retrospettiva (curata da Marta Mazza, direttore del museo nazionale collezione Salce di Treviso e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del M.a.x. Museo) che, fino al 22 gennaio, permette di conoscere il percorso professionale di un artista coraggioso e dal multiforme ingegno: un evergreen nel campo della cartellonistica d’autore che, per decenni, ha nutrito generazioni di italiani (e non solo) con la forza delle sue immagini innovative, colorate e dinamiche.

In mostra oltre trecento pezzi tra manifesti, pieghevoli, locandine, bozzetti preparatori, elaborati grafici, insegne, cartelli, prove di stampa, foto d’epoca e persino il passaporto che documenta i viaggi fatti all’ estero e i suoi attrezzi tra cui spiccano le forbici che Federico Seneca aveva progettato e realizzato da sé.

Precursore di metodologie, genio della comunicazione dal carattere riservato e modesto di cui si sa pochissimo solo perché non ha saputo farsi la réclame che riservava ai prodotti da vendere sul mercato.

Un creativo della sintesi comunicativa, del segno e della forma che veicolano idee convincenti: dal suo primo manifesto art-nouveau per Fano, stazione balneare del 1912, alle portatrici di Cacao Perugina alla suora di Pastina glutinata Buitoni (la notorietà è legata al suo ingresso in Perugina che, nel 1925, si fonda con Buitoni, pilastro emergente dell’industria alimentare), il dentifricio Chlorodont o il cigno che sbircia nell’oblò della lavabiancheria automatica Fiat, la vecchina tonda delle lane BBB di Monza al trittico di Pibigas.

E se Leo Longanesi prese una cantonata mal sopportando le figure stilizzate di Seneca tanto che, nel 1936, alla prima mostra nazionale del cartellone e della grafica a Palazzo delle Esposizioni a Roma, lo apostrofò come “uno che sudicia i muri d’Italia con oscene capocchie di fiammiferi”, Filippo Tommaso Marinetti, firmando un registro delle visite della ditta Perugina, scrisse: «Bravo, Seneca magnifico futurista del cartello-reclame!».

Ma forse il suo nome all’illustrazione monocroma e il lettering della grande B dei baci che i fidanzati senza volto più famosi d’Italia si scambiano: quelli di Perugina.

Allievo e amico del triestino Marcello Dudovich, pubblicitario e pittore, Seneca traduce visivamente non tanto l’omonimo, celebre quadro di Francesco Hayez quanto il manifesto realizzato nel 1901 per Bitter Campari dal friulano («il cielo stellato viene aggiunto negli anni ’60 con l’avvento della réclame di Carosello, dal grafico Giovanni Angelini», scrive Ossanna Cavadini).

Esposizione e catalogo (Silvana editoriale, 2016, bilingue italiano/inglese) sono frutto della collaborazione con gli archivi di note case produttrici come Buitoni-Perugina, l’archivio storico Cinzano e quello Eni e, tra le tante opere in mostra, ci sono anche quelle provenienti dalla collezione degli eredi di Seneca, per la prima volta visibili a un ampio pubblico.

Dopo quella svizzera, la seconda tappa della mostra su Federico Seneca, dal 12 marzo al 4 giugno, si trasferisce a Perugia, alla Galleria nazionale dell’Umbria mentre dal febbraio 2018 sarà allestita presso il Museo nazionale- collezione Salce di Treviso.

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