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Berlino, Amri radicalizzato in Sicilia
Era stato segnalato all'Antiterrorismo

Anis Amri, il tunisino ricercato per la strage di Berlino

ROMA. Violento, pronto a soffiare sul fuoco della protesta, secondo diverse ricostruzioni poco religioso, ma da un certo punto in poi incline a comportamenti sospetti, assimilabili a quelli di un soggetto che medita un percorso di radicalizzazione e manifesta forme di adesione ideale al terrorismo di matrice islamica. È il profilo di Anis Amri, il supericercato per l'attentato di Berlino. Dire quanto questo sia jihadismo, è difficile.

I fatti dicono però che un compagno di carcere detenuto con lui ad Agrigento, con cui aveva frequenti contrasti, lo descrisse come «un terrorista islamista che mi terrorizza per convertirmi all'Islam» e dichiarò che Amri lo vessava e lo minacciò di volergli tagliare la testa «perchè io sono cristiano».

Per questo nel novembre 2014 il Dipartimento amministrazione penitenziaria mise Amri sotto osservazione e lo segnalò al Comitato analisi strategica antiterrorismo. E per questo in una nota redatta nel giugno 2016, quindi dopo la sua scarcerazione, dalla Digos di Catania Amri viene tratteggiato come un «personaggio di indole violenta, carismatico, di stretta osservanza dei principi religiosi islamici».

A parlare di una sua possibile radicalizzazione in carcere è stato oggi uno dei fratelli del presunto attentatore, Abdelkader Amri, parlando con la Bild. Gli episodi concreti sono però da ricondurre alle minacce rivolte al compagno di detenzione e ad un'altra circostanza: Amri in carcere frequentava solo tunisini come lui, legando solo con alcuni di loro, «mai segnalati» però «per atteggiamenti riconducibili al fenomeno del proselitismo di matrice confessionale».

Il Corriere della sera cita il direttore generale dei penitenziari italiani, Roberto Piscitello, che sottolinea come Amri inneggiasse al jhad dopo l'attentato a Charlie Hebdo, avvenuto a Parigi nel 2015: «Attenzione accesa come succede quando dopo gli attentati terroristici ci accorgiamo che qualche detenuto inneggi ad Allah, esulti, agiti le magliette con gioia, batta in cella le posate sulle sbarre...»;

La Procura di Palermo sta tentando di ricostruire il periodo trascorso in Sicilia: i pm hanno aperto un fascicolo di «atti relativi», ancora dunque non un'indagine vera e propria. Delegati alla Digos i primi accertamenti.

Le carte sulla 'storia' carceraria dell'uomo, sbarcato nella primavera 2011 a Lampedusa, dicono che fu arrestato dai carabinieri il 23 ottobre 2011 nel centro di accoglienza di Belpasso, nel catanese: con altri 4 immigrati aveva appiccato il fuoco nel centro e aggredito un operatore. Una protesta - dissero loro stessi - contro il prolungarsi dell'iter per ottenere lo status di rifugiato. Amris fu condannato a 4 anni di reclusione per danneggiamento a seguito di incendio, lesioni, minaccia, appropriazione indebita.

Da qui inizia una vicenda di detenzione segnata da numerosi episodi critici: «Era segnalato e tenuto sotto stretta osservazione come un detenuto violento e riottoso», afferma il segretario del Sappe Donato Capece. L'amministrazione penitenziaria ha censito 12 procedure disciplinari, dall'ammonizione del direttore all'esclusione dalla attività in comune con altri detenuti. Il primo episodio è del 28 maggio 2013 per abbandono ingiustificato di posto.

Lo stesso anno Amri è segnalato per intimidazione e sopraffazione dei compagni e atteggiamenti offensivi. Nel 2014 altri 7 casi: tre per promozione di disordini e sommosse, due per intimidazioni e sopraffazione dei compagni, uno per inosservanza degli ordini e uno per «altri reati». Nel 2015, infine, due casi per atteggiamento molesto verso i compagni.

Questo comportamento ha fatto sì che Amri sia stato spostato da un carcere all'altro per motivi di sicurezza. Dal Lanza di Catania il 1 giugno 2012 passa al Bodenza di Enna dove resta sei mesi: qui partecipò anche a uno spettacolo teatrale organizzato in carcere. Poi l'11 dicembre fu spostato a Sciacca dove resta un mese e mezzo.

Il 31 gennaio 2014 passa ad Agrigento che lascia 9 mesi dopo per il Pagliarelli di Palermo dove sconta 4 mesi prima di essere nuovamente trasferito il 10 gennaio 2015 all'Ucciardone, sua ultima destinazione carceraria. Lo spostamento fu disposto «per gravi e comprovati motivi di sicurezza» come prevede l'art. 42 dell'ordinamento penitenziario.

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