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Crescono le imprese guidate da immigrati: sono le più resilienti alla crisi

ROMA. Sono più di 550mila le aziende guidate dagli immigrati registrate in Italia alla fine del 2015, il 9,1% del totale, e producono 96 miliardi di euro di valore aggiunto, il 6,7% della ricchezza complessiva. Tra il 2011 e il 2015 sono aumentate di oltre il 21% (+97mila), mentre nello stesso periodo il numero delle imprese registrate nel Paese ha fatto rilevare un calo complessivo dello 0,9%. È quanto emerge dal «Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016», secondo i dati dell'Indagine sulle Forze Lavoro di Eurostat.

È netto il protagonismo delle ditte individuali: 8 casi su 10 (79,9% vs il 50,9% delle imprese guidate da nati in Italia). Le imprese a gestione immigrata, quindi, rappresentano quasi un settimo di tutte le ditte individuali del Paese (13,6%) e meno di un ventesimo delle società di capitale (4,1%).

Il commercio, in continuo aumento, rappresenta il principale ambito di attività (200mila aziende, 36,4% vs il 24,5% delle imprese a guida autoctona); segue, seppure fortemente provata dalla crisi, l'edilizia (129mila, 23,4% vs 13,1%).

Notevole è anche il comparto manifatturiero (oltre 43 mila aziende, 9%), caratterizzato come l'edilizia da una forte dimensione artigiana. Sono artigiane, infatti, oltre 4 imprese edili immigrate su 5 (83,2%) e oltre 2 su 3 di quelle manifatturiere (68,4%). Proprio nell'edilizia e nella manifattura, infatti, si concentrano i tre quarti (76,0%) delle aziende immigrate artigiane (180 mila in tutto).

Cresce la partecipazione degli stranieri nei servizi. Dai dati di Unioncamere risulta che alla già consolidata presenza immigrata tra imbianchini e carpentieri o nel trasporto merci e nella confezione di abbigliamento, si affianca una crescente partecipazione alle aziende (per lo più individuali) che nella sartoria, nel giardinaggio, nelle pulizie, come pure nella panetteria o nella ristorazione take away. Più in generale, si affermano le attività di alloggio e ristorazione (41mila, 7,5%) e i servizi alle imprese (29mila, 5,3%).

I dati Sixtema/Cna sui responsabili di imprese individuali confermano il protagonismo di specifici gruppi nazionali. I più numerosi sono i marocchini (14,9%), seguiti da cinesi (11,1%) e romeni (10,8%) e, quindi, da albanesi (7,0%), bangladesi (6,5%) e senegalesi (4,4%): sei collettività che, da sole, ne raccolgono più della metà del totale (54,7%). Ciascun gruppo si concentra in peculiari comparti di attività: il commercio nel caso di marocchini, bangladesi e soprattutto senegalesi (attivi in questo ambito rispettivamente per il 73,3%, il 66,8% e l'89,2% del totale); l'edilizia per i romeni (64,4%) e gli albanesi (74,0%); il commercio (39,9%), la manifattura (34,9%) e le attività di alloggio e ristorazione (12,9%) nel caso dei cinesi, che mostrano insieme a un'accentuata vocazione imprenditoriale, una maggiore diversificazione degli ambiti di attività in cui, nel tempo, tale capacità si è distinta e radicata. Ne consegue che sono cinesi la metà di tutti gli immigrati responsabili di ditte individuali manifatturiere (49,3%), come pure un quarto di quelli dediti al comparto ristorativo-alberghiero (25,0%).

Quasi la metà di quelli attivi in edilizia, invece, sono romeni (27,1%) o albanesi (20,1%); e quasi 3 su 5 di coloro che operano nel commercio sono marocchini (26,7%), cinesi (10,9%), bangladesi (10,7%) o senegalesi (9,5%). Operano al Centro-Nord 8 imprese immigrate ogni 10 (77,3% vs il 66,0% delle aziende autoctone) e quasi un terzo solo in Lombardia (19,1%) e nel Lazio (12,8%). Seguono la Toscana (9,5%) - in cui si rileva anche la più elevata incidenza delle imprese immigrate sul totale (12,6%) -, l'Emilia Romagna (8,9%), il Veneto (8,4%) e il Piemonte (7,4%) e, quindi, la Campania (6,8%), prima regione meridionale di questa graduatoria.

Se le imprese guidate dagli immigrati sono arrivate a superare le 550mila unità, è vero che le stesse, nel corso della crisi, sono aumentate, in controtendenza con il dato generale. E dunque gli immigrati hanno dimostrato, e continuano a dimostrare, una maggiore capacità di «resilienza».

Inoltre, sono stati fatti molti passi in avanti e diversi imprenditori di origine straniera si distinguono per numero di dipendenti e per lavorazioni innovative ad alta tecnologia, come pure vengono maggiormente curati i rapporti con l'estero, a partire dai Paesi di origine.

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