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Mps, la Bce boccia la richiesta per l'aumento di capitale

ROMA. La Bce nega a Mps la proroga di 20 giorni chiesta per chiudere a gennaio l'aumento di capitale da 5 miliardi di euro, spalancando la porta all'intervento dello Stato che potrebbe mettere sul piatto una garanzia tra i tre e i cinque miliardi di euro sull'aumento di capitale.

L'istituto senese però non si arrende e mantiene aperta la porta a una soluzione di mercato che potrebbe passare dalla riapertura della conversione dei bond al pubblico retail, oltre 40 mila risparmiatori che hanno in mano 2 miliardi di obbligazioni subordinate e che fino ad ora non hanno potuto aderire alla conversione per via degli stringenti paletti posti dalla Consob a tutela degli investitori non professionali.

Formalmente Mps non ha «ricevuto alcuna comunicazione da parte della Banca Centrale Europea», ha comunicato il Cda, riunitosi nel pomeriggio a Milano.

La mancata notifica si spiegherebbe con la procedura che seguono le decisioni del Consiglio di Vigilanza della Bce, che si chiudono solo una volta trascorso il termine di qualche giorno assegnato al Consiglio dei Governatori per eventuali osservazioni.

«La Banca prosegue pertanto tutte le attività propedeutiche al completamento» dell'aumento di capitale, afferma la nota, con il cda che è «stato aggiornato a domenica» alle 16. La decisione della Bce, benchè ancora in attesa del timbro dell'ufficialità, è stata anticipata da Reuters, ripresa da Bloomberg e successivamente confermata in Italia, scatenando una bufera in Borsa.

Mps ha chiuso con un crollo del 10,55%, a 19,5 euro, tra scambi pari al 7,7% del capitale ma sotto pressione anche finite anche alcune delle obbligazioni subordinate che potrebbero essere chiamate a contribuire al salvataggio dell'istituto. Il bond in mano ai piccoli risparmiatori ha registrato un calo dell'8,2%, a quota 50, metà del prezzo a cui è stato collocato allo sportello.

Mps aveva motivato la richiesta di rinviare l'aumento con il «mutato contesto di riferimento», cioè con l'avvio di una crisi di governo che rendeva impossibile ottenere impegni da parte degli anchor investor che guardavano a Mps, a partire dal Qatar, e, di conseguenza, formare un consorzio di garanzia. I 20 giorni di proroga sarebbero serviti a chiarire il quadro politico, con la nascita di un nuovo governo. Ma la Bce è stata inflessibile non credendo, evidentemente, alla fattibilità del piano A, alla luce dell'incertezza sul commitment degli grandi investitori e di un quadro politico che non è detto si stabilizzi.

La necessità di mettere in piedi una rete di sicurezza che scongiuri il bail-in ha spinto l'amministratore delegato di Mps, Marco Morelli, e il presidente, Alessandro Falciai, a recarsi a Roma già in mattinata, per incontrare il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, alla presenza degli advisor Jp Morgan e Mediobanca.

Padoan si è poi recato a Palazzo Chigi per discutere con il premier dimissionario Matteo Renzi, alla presenza anche del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, mentre Morelli e Falciai sono tornati a Milano per fare riunire il Cda. Mps potrebbe giocare un'ultima carta per scongiurare l'intervento dello Stato facendo partire l'aumento la prossima settimana.

L'ipotesi allo studio di Morelli richiede però la riapertura della conversione al retail. In caso di adesione massiccia (le condizioni di conversione sarebbe comunque migliori di quelle applicate in caso di ricapitalizzazione precauzionale) e considerando il miliardo già raccolto dalla conversione degli istituzionali e quello atteso dal Qatar, sul mercato resterebbe da raccogliere un solo miliardo.

Se questa opzione fallisse non resterebbe che lo Stato. Lo schema di intervento sarebbe già pronto anche se è sono per ora escluse riunione d'emergenza del Consiglio dei Ministri nel fine settimana. E non solo perchè anche la procedura per l'aumento di capitale non è ancora stata lanciata. La decisione su un possibile intervento si intreccia infatti con i tempi della crisi politica. Si tratta di capire, se sarà necessario l'intervento, chi si assumerà la paternità di un decreto in una situazione complicata dal vuoto di potere che il Presidente della repubblica sta cercando di sciogliere con le consultazioni. L'intervento dello Stato si articolerebbe in due tempi: prima con una garanzia tra i 3 e i 5 miliardi sull'aumento da 5 miliardi che Mps deve lanciare. Poi, se l'operazione dovesse fallire, l'intervento pubblico andrebbe dispiegato seguendo la procedura europea, che prevede il coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti per rispettare le regole sugli aiuti di Stato. E non sarebbe certo una scelta indolore.

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