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Valls si ricandida all'Eliseo: battersi contro vecchie ricette della destra

PARIGI. Sono bastati pochi secondi a Manuel Valls per superare le frasi di circostanza e proclamare la sua candidatura all'Eliseo. Una candidatura «riunificatrice», dice, perchè «nulla è scritto», anche se tutti danno Marine Le Pen e Francois Fillon al ballottaggio.

Il premier ci vuole credere, tanto che da oggi abbandona la carica (fra Cazeneuve, Le Drian e Sapin il sostituto). Cominciate ufficialmente giovedì con la rinuncia di Francois Hollande ad inseguire un bis all'Eliseo, le grandi manovre della gauche sono entrate nel vivo oggi pomeriggio.

Ad Evry, nella banlieue sud di Parigi, Valls ha mostrato il suo piglio duro, ma ha insistito sul suo obiettivo principale: «riunificare». Che quando si parla di gauche, francese e non solo, assomiglia a una «mission impossible». Tanto che lo stesso Hollande, al quale è andato il messaggio di riconoscenza del neocandidato, sembra stia già studiando con l'antica avversaria alla guida della partito socialista, Martine Aubry, una possibile alternativa da opporre a Valls alle primarie, un candidato - o una candidata, visto che si parla soprattutto di Christiane Taubira - più «di sinistra».

«Far vincere tutto quello che ci unisce» è il motto, il manifesto, la parola d'ordine dell'hashtag #Valls2017, già comparso in tricolore blanc-bleu-rouge sulla pagina Twitter del neocandidato durante i primi minuti del discorso di Evry. Mascella ben serrata e occhi a spillo, il premier che da domani si dedicherà soltanto alla campagna delle primarie ha parlato di ideali ma ha perseguito una strategia definita. Primo avversario, il beniamino della sinistra liberal Emmanuel Macron, che correrà senza passare dalle primarie di sinistra .

«Non ho mai ceduto alla tentazione dell'individualismo», ha puntualizzato Valls. Poi la destra, in particolare Francois Fillon. Bisogna battersi contro di lui, «contro il suo programma, le sue vecchie ricette anni Ottanta, che ci presentano come progresso un arretramento generale».

Lui, Valls, non ha amicizie internazionali discutibili: «Voglio una Francia indipendente, inflessibile sui suoi valori, di fronte alla Cina di Xi Jinping, alla Russia di Vladimir Putin, all'America di Donald Trump, alla Turchia di Erdogan». Con la sinistra ridotta in brandelli, «tutti dovranno fare uno sforzo» di conciliazione, «io per primo», ha ammesso, cercando di far scivolare in secondo piano l'immagine di «sceriffo» che da sinistra gli è stata affibbiata per gli anni da ministro dell'Interno e per il suo piglio da prefetto. Per facilitare il compito, ha insistito sui dimenticati, sugli «umiliati dalla vita» che Valls presidente non dimenticherà. Se Hollande gli ha di fatto dato il via libera con la sua rinuncia, in pochi credono che il presidente voglia accettare supinamente un secondo «figlio» ribelle, dopo Emmanuel Macron.

Secondo alcuni retroscena che trapelano dai corridoi di rue de Solfèrino, sede del PS, Hollande d'accordo con Martine Aubry starebbe cercando di convincere al grande passo Christiane Taubira, la ex guardasigilli pasionaria, firmataria della legge sulle nozze gay. Dopo aver incassato il rifiuto della sindaca Anne Hidalgo, che vuole proseguire il suo percorso alla guida della capitale per pensare all'Eliseo nel 2022, sperando in tempi meno difficili per la sinistra.

Intanto, una decisione dovrà essere presa già domani, quando Valls andrà da Hollande per dimettersi. Al suo posto potrebbero andare sia il responsabile dell'Interno, Bernard Cazeneuve, sia quello della Difesa, Jean-Yves Le Drian, ma c'è di mezzo lo stato d'emergenza che sconsiglierebbe di cambiare in corsa un ministro che sovrintende alla sicurezza nazionale.

Pronti alla promozione al loro posto ci sarebbero Michel Sapin (Economia e Finanze) e Marisol Touraine (Affari sociali e Salute). Meno gettonati nel totopremier, ma egualmente disponibili, il portavoce del governo Stephane Le Foll e la giovane ministra dell'Educazione nazionale, Najat Vallaud-Belkacem.

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